Il rumore del silenzio

420 ragazzi delle scuole medie e superiori hanno partecipato a marzo di quest’anno all’iniziativa “In Treno per la Memoria” organizzata da Cgil, Cisl e Uil Lombardia e sotto l’alto patronato della Presidenza della Repubblica, insieme a Guccini e a S.E. Vescovo Zuffi.

Il viaggio di questi ragazzi non è finito tra i blocchi di Auschwitz e le baracche di Birkenau. La meta è il viaggio stesso… Saliti, scesi e risaliti sul treno del tempo. E a bordo ogni volta con un carico sempre più pesante, dolore o anestesia dei sentimenti che sia…  L’eco di un sentimento quasi colpevole è il rumore del loro silenzio: dopo aver respirato l’aria di fango e pioggerellina, entrando e uscendo da non luoghi in cui i capelli di migliaia di donne sono stati trasformati in stoffa, le ossa di migliaia e migliaia di uomini e bambini in sapone. Milano, Monza, i paesi della Brianza: come sarà rivedere casa dopo aver trascinato le sneakers nella poltiglia di freddo, che anche a metà marzo ti morde la pelle e non perdona. 

Sono partiti tra le parole e ritornano senza. Ma hanno poco tempo per non dire, per rimanere con se stessi. Perché il vero bagaglio che portano con sé si chiama “testimonianza”, possibile ora perché legato alla “consapevolezza” che prima era un’idea, ora è realtà…

Nel viaggio ad Auschwitz del 10-14 Marzo 2016 compiuto da alcuni ragazzi, è stata chiesta una parola per definire Auschwitz.
Alle parole espresse dai ragazzi, uniamo per ultima anche la nostra: Speranza, perchè Auschwitz è anche questo.
Speranza che fatti del genere non accadano più,
speranza che l’amore vinca sempre sull’odio,
speranza perchè oltre la morte ci attende la vita eterna.

tratto da: La Stampa – viaggio nella storia

Un ricordo indimenticabile

Una lettera inviata alle Missionarie da parte di una coppia, al rientro dal recente pellegrinaggio in Polonia.

PoloniaCare Maria Angela, Maria del Carmen, Paola ed Ercolina, oggi io e Stefano vi siamo vicini nel Giorno Speciale di padre San Massimiliano Kolbe e uniti nella preghiera per l’ultimo giorno della novena a lui dedicata.Il nostro pellegrinaggio con voi rimane indimenticabile così come i giorni di visita trascorsi insieme.Siamo rimasti commossi per la vostra dedizione e attenzione fraterna durante il nostro soggiorno nella vostra accogliente casa di missionarie.Soltanto adesso comprendiamo che il nostro desiderio di rendere grazie a Gesù e a Maria nel santuario della Divina Misericordia, non può essere disgiunto dalla visita al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau dove il male è imperversato per lunghi anni oscurando apparentemente la vita e la libertà di ogni uomo. Non possiamo fare a meno di scordare i due giorni di visita fatti ad Auschwitz in compagnia di Maria del Carmen dove l’orrore e il dolore di tutte quelle persone morte per l’olocausto non lasciavano spazio nei nostri cuori se non a dubbi e tristi interrogativi sugli orrori e le crudeltà sovra naturali che il cuore dell’uomo può compiere senza alcuna pietà. Ma davanti alla cella di padre Massimiliano abbiamo compreso che Gesù era lì a soffrire con lui e tutti i suoi compagni; il messaggio di speranza e coraggio destinato poi al mondo dona un seme di Amore così grande e impareggiabile, conforto e luce di vita a tutti i prigionieri e oggi anche a noi che abbiamo visitato quei posti. Ecco perché la Misericordia del Signore così grande e luminosa non può sbiadire di fronte al male nel mondo che purtroppo è ancora presente. La Polonia è terra di grande fede e noi ne siamo rimasti meravigliati perché con la forza della preghiera anche le persone che hanno vissuto tutti questi orrori hanno saputo rialzarsi in piedi e ricostruire la vita nelle belli cittadine che abbiamo intravisto. Anna e StefanoTra le orme e i percorsi natali di San Giovanni Paolo II abbiamo apprezzato parte della sua vita in Polonia e della sua Santità attraverso i racconti di Maria Angela e il caldo ricordo di tutti i polacchi che ancora oggi manifestano la sua presenza attraverso la preghiera, i luoghi e le chiese a lui dedicati.La vostra accoglienza è stata per noi unica e molto fraterna, così come le vostre preziose email che proponiamo negli incontri di preghiera per riflettere e vivere.Anche se finora non vi abbiamo mai scritto è soltanto per l’indolenza dei giorni frettolosi e impegnati, ma nulla di quei giorni è sfuggito e rimane sempre vivo nei nostri cuori.

Vi ringraziamo ancora nelle nostre preghiere. Un abbraccio, Anna e Stefano

 

I cassetti della memoria

Dalla GMG in Polonia un’altra testimonianza di una giovane ragazza: Federica S. di Loiano si racconta.

E’ tutto pronto? Che cosa avrò dimenticato questa volta? Paure e preoccupazioni si sono già sistemate in valigia senza invito, ma il viaggio comincia. Dopo treni, aerei e pullman ecco che raggiungiamo la prima tappa e, già dai primi passi del mattino seguente, comincia a delinearsi quello che anche i giorni successivi ci avrebbero regalato. Meeting e JMJ 2016 - 23 de julho - 0146Un gruppo di persone provenienti da ogni parte del mondo si erano incontrate e piano piano provavano a iniziare a comunicare parlando nelle varie lingue, aiutandosi con i gesti e ci si riusciva incredibilmente a capire.  La visita ai luoghi e al museo di Padre Kolbe hanno guidato la mattinata, mentre lezioni di ballo, canto, risate hanno riempito la serata con grande allegria e divertimento.  Poi il viaggio riprende e raggiungiamo quei luoghi che fino a quel momento erano conosciuti solo tramite i libri di scuola, film o qualche racconto mentre ad un tratto si trovavano proprio davanti a noi.  Il silenzio si fa sentire e lo si può ascoltare ovunque  – già all’entrata dei campi di concentramento – ma tutto sembra parlare: le costruzioni rimaste, le pietre, gli alberi, le foto da cui le persone, le loro storie e i loro sguardi sembrano uscire ed arrivare direttamente ai nostri occhi. Anche gli oggetti visti nei luoghi visitati successivamente, le immagini e i disegni di una mostra hanno bussato alla nostra porta per raccontare. Una grande cascata di dolore è arrivata come un temporale in estate ed ognuno si è, a suo modo, confrontato con tutto questo. Tra quei passi di sofferenza e di fatica fuori e dentro di noi, c’era però anche qualcos’altro, qualcosa che andava oltre la parola morte che sembrava prevalere in quei luoghi. Meeting e JMJ 2016 - 23 de julho - 0163Il racconto di quell’uomo speciale, che ha saputo uscire dalla propria fila per donare la vita e che oggi vola nel vento insieme alle sue parole raggiungendo ogni parte del mondo per ricordare che “solo l’amore crea”. I parchi pubblici costruiti dove c’erano i campi di lavoro. La natura che, là dove sembrava non ci potesse essere più vita, si è ripresa il suo spazio e ha ridonato i suoi fiori e colori. Dopo lunghi sospiri si riprende il cammino e comincia tra fiumi di persone la condivisione delle giornate seguenti. La pioggia, il sole, i sorrisi, le lacrime, la stanchezza, la gioia ci hanno accompagnati fino a quando è arrivato il momento di riprendere la stradaMeeting e JMJ 2016 - 23 de julho - 0162 per tornare a casa. Tante sono le parole, i ricordi e le immagini che sono arrivate; ci sarà qualcosa che rimarrà nei nostri cassetti della memoria e qualcosa che se ne andrà, forse qualcosa ci avrà fatto stare male e qualcosa ci avrà donato gioia. In ogni caso tutto sarà stato una parte di strada percorsa insieme.

Il segreto di Dio

Noi non possiamo scrutare il segreto di Dio – vediamo soltanto frammenti e ci sbagliamo se vogliamo farci giudici di Dio e della storia. Non difenderemmo, in tal caso, l’uomo, ma contribuiremmo solo alla sua distruzione. No – in definitiva, dobbiamo rimanere con l’umile ma insistente grido verso Dio: Svégliati! Non dimenticare la tua creatura, l’uomo! E il nostro grido verso Dio deve al contempo essere un grido che penetra il nostro stesso cuore, affinché si svegli in noi la nascosta presenza di Dio – affinché quel suo potere che Egli ha depositato nei nostri cuori non venga coperto e soffocato in noi dal fango dell’egoismo, della paura degli uomini, dell’indifferenza e dell’opportunismo. Emettiamo questo grido davanti a Dio, rivolgiamolo allo stesso nostro cuore, proprio in questa nostra ora presente, nella quale incombono nuove sventure, nella quale sembrano emergere nuovamente dai cuori degli uomini tutte le forze oscure: da una parte, l’abuso del nome di Dio per la giustificazione di una violenza cieca contro persone innocenti; dall’altra, il cinismo che non conosce Dio e che schernisce la fede in Lui.

Noi gridiamo verso Dio, affinché spinga gli uomini a ravvedersi, così che riconoscano che la violenza non crea la pace, ma solo suscita altra violenza – una spirale di distruzioni, in cui tutti in fin dei conti possono essere soltanto perdenti. Il Dio, nel quale noi crediamo, è un Dio della ragione – di una ragione, però, che certamente non è una neutrale matematica dell’universo, ma che è una cosa sola con l’amore, col bene. 

Noi preghiamo Dio e gridiamo verso gli uomini, affinché questa ragione, la ragione dell’amore e del riconoscimento della forza della riconciliazione e della pace prevalga sulle minacce circostanti dell’irrazionalità o di una ragione falsa, staccata da Dio… 

tratto dal Discorso del Papa Emerito Benedetto XVI, in occasione del viaggio apostolico in Polonia

Un viaggio che cambia la vita

L’odio non è forza creativa; solo l’amore crea! La testimonianza di Roberto Parmeggiani

13412888_10208462758463204_7974566065755782411_nUno dei viaggi più importanti della mia vita risale al 2003 quando ho partecipato a un pellegrinaggio in Polonia, nei campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau.Ricordo come fosse ora l’entrata nel campo, il cancello, il muro delle fucilazioni, i mattoni delle case e l’ingresso nei bunker in cui i prigionieri venivano lasciati a morire.Il senso di oppressione e di smarrimento, l’incapacità di comprendere il perché e il come.Il dono più grande, poi, è stato quello di poter entrare e restare qualche momento in silenzio dentro la stanza nella quale morì padre Massimiliano Kolbe, un sacerdote cattolico che offrì la sua vita al posto di un altro prigioniero e che venne lasciato morire di stenti proprio in quella stanza.Una sorte toccata a molti altri, in altre centinaia di celle.Milioni di persone vittime dell’odio.Un’esperienza che, seppur dolorosa, dovremmo fare tutti. 

Entrare in quella stanza, 

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E fare dell’amore la nostra lotta.

Quella stanza, la stessa in cui il Papa si è fermato a pregare, viene chiamata Cella dell’Amore perché è stata testimone, in un contesto di odio, dolore e violenza di un grande atto di amore: libero, indipendente, generoso, creativo. Amare è possibile, sempre. Amare, forse, è l’unica nostra possibilità.

 

 

 

Più che un libro una storia

Abbiamo ancora nel cuore i duemilioni e più di ragazzi che hanno accolto l’invito del Papa a partecipare alla GMG in Polonia.

Il tempo che oggi stiamo vivendo non ha bisogno di giovani-divano, ma di giovani con le scarpe…Il Signore vuole le tue mani per continuare a costruire il mondo di oggi. Vuole costruirlo con te e tu cosa rispondi?  Papa Francesco

Abbiamo raccolto la testimonianza di una giovane ragazza: Pamela Fabian

Quello che è successo nei campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau è stato senza dubbio uno dei massacri più grandi della storia e rappresenta una macchia indelebile nella storia di tutta l’umanità. Auschwitz è divenuto un simbolo, il luogo della memoria, per non dimenticare. Venire qui è molto di più che studiare la storia d’Europa nei libri, è percorrere un viaggio introspettivo dentro ciascuno di noi, e questo ci permette di scoprire qualcosa di più di noi stessi e di ciò che ci circonda.In questo periodo si assistono frequentemente a delle violenze nei confronti di persone che pensano in modo diverso da noi, che hanno altre idee, occhi e ideologie. Questi campi hanno visto le peggiori umiliazioni contro la dignità umana. Eppure nessuno è più importante dell’altro, nessuno migliore, nessuno vale più degli altri agli occhi di Dio.

Come giovani dobbiamo promuovere il rispetto, cioè rispettare l’identità dell’altro, Auschwitz infatti è sorto quando un gruppo ha cominciato a considerarsi superiore agli altri e a non accettare la differenza. Però dentro tanta oscurità che si viveva nei campi di concentramento, brillavano anche luci che riflettevano la speranza che non tutto si stava perdendo. Una di queste luci è stato il padre Kolbe, che è arrivato anche a dare la propria vita per un altro prigioniero, dando così testimonianza di un grande amore.

Come giovani dobbiamo essere testimoni di questo amore nella realtà dove viviamo, affinché prima di tutto in noi trovino spazio gli ideali di impegno per il bene comune e soprattutto il rispetto per la vita e dignità di tutte le persone. Anche noi vogliamo ripetere come Massimiliano Kolbe: “Solo l’amore crea”.13707777_1052591174848118_5957182844776980534_n

 

Capuozzo, accontenta questo ragazzo

Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. Primo Levi

Emanuele Properzi ti insegna come si pubblicizza un libro

l libro che vi proponiamo questo mese e che troverete tra leletture consigliate è: Capuozzo, accontenta questo ragazzo di Angelo Picariello – la vita di Giovanni Palatucci

Recensione: Giovanni Palatucci nacque in Irpinia, a Montella (AV), il 31 maggio 1909 da Felice e Angelina Molinari. Dopo una formazione familiare fondata sui valori cristiani della vita, conseguì il diploma liceale a Benevento e successivamente, si laureò in Giurisprudenza a Torino. Superati gli esami da procuratore legale, nonostante il parere contrario del padre che lo avrebbe voluto avvocato nel luogo natio, frequentò a Roma il 14° corso per Vice Commissario di Pubblica Sicurezza. Il 15 novembre 1937 arrivò alla Questura di Fiume, dove gli fu affidata la direzione dell’Ufficio Stranieri con qualifica di Commissario. A seguito delle leggi razziali antisemitiche del 1938, lo videro impegnato nell’aiuto agli ebrei e a tutti coloro che, a causa dell’occupazione tedesca, si trovavano a transitare dal confine istriano verso luoghi più sicuri. A migliaia furono i perseguitati da lui soccorsi, con ogni stratagemma possibile; in particolare venivano orientati verso il campo di raccolta di Campagna (SA), dove era Vescovo lo zio, Mons. Giuseppe Maria Palatucci. La sua opera si fece ancor più intensa all’indomani dell’Armistizio (8 settembre 1943) con l’occupazione militare tedesca, quando Fiume venne annessa al Terzo Reich. In questo contesto di generale disfacimento politico, il giovane funzionario, divenne un punto di riferimento di umanità e salvezza per tutti i cittadini e particolarmente per i perseguitati politici e razziali. Circa seimila furono gli ebrei ed i perseguitati politici salvati in quegli anni. Malgrado i sospetti della polizia politica, Palatucci rimase al suo posto, esponendosi all’inevitabile arresto. Il 13 settembre 1944 fu arrestato dalla Gestapo e condotto al carcere di Trieste, dove venne condannato a morte; graziato, con la commutazione della pena, fu deportato il 22 settembre 1944 nel campo di sterminio di Dachau (Germania), con matricola 117826. Il 10 febbraio 1945 morì di stenti – da martire – a poche settimane dalla liberazione e fu sepolto in una fossa comune.

Dal libro:

  • “…L’infanzia di Giovanni fu caratterizzata dalle amorevoli attenzioni di genitori e parenti e da una formazione religiosa fatta di esempi, testimonianze concrete, non solo precetti da mandare a memoria. La preghiera scandiva le giornate e cementava l’unità familiare…” (pag.14).

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  • “…Insieme a Palatucci operavano quindi altre persone come lui caricate di compiti istituzionali e come lui capaci di privilegiare le ragioni della carità rispetto all’ottusa obbedienza alle disposizioni…” (pagg. 101 – 102).

 

  • “…In tanti l’avvertono del rischio. Palatucci capisce la drammaticità della situazione…crescono in lui timori sull’affidabilità di chi lo circonda. Ma non si arrende. Nè interrompe la sua attività di salvataggio, pur nella consapevolezza che il controllo tedesco è sempre più stringente…” (pag.223).
  • “Racconta un compagno di prigionia: ‘Con Palatucci eravamo diventati amici…ricordo che una volta parlando di sé si disse dispiaciuto per essere lì. A Fiume avevano ancora bisogno di lui e c’era ancora tanta gente da aiutare. Era abbattuto, ma non disperato. Eppure persino in quella condizione di prostrazione, il suo pensiero andava agli altri, a chi, venendo a mancare lui, aveva perso un sicuro punto di riferimento.’…” (pag. 264).
  • “… Ricorda l’ebrea Elsa Herskovitz Blasich: ‘Era un santo, non aveva paura, aiutava tutti ed era molto ben voluto…La disponibilità del commissario Palatucci era nota, ha dato tutto il possibile aiuto agli ebrei fiumani e in seguito anche a quelli jugoslavi riusciti a riparare in Italia, sfuggendo alla morte’…” (pag.107).

                                                                                                                                              Buona lettura!