Testimonianza di Angela, missionaria da poco rientrata in Italia, dopo aver vissuto tre anni in Polonia. Dalle sue parole si può rivivere l’impatto emotivo delle persone che visitano i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau.
PER NON DIMENTICARE
Prima di parlare dell’impatto emotivo della gente che visita i campi, è necessario fare una premessa raccontando cosa ha determinato la cruda realtà della Shoah, che porta la stessa gente a visitarli.
Non si possono dimenticare i numeri della Shoah: i sei milioni di ebrei vittime dell’odio nazista e più di 5 milioni assassinati nei lager come oppositori politici, membri della resistenza nei paesi europei, prigionieri russi, zingari, omosessuali e disabili.

Milioni di persone private di ogni bene. Segregate, umiliate e ghettizzate. Deportate, uccise e gasate. Unico obiettivo il genocidio e la distruzione di massa.
Io, pellegrina tra i pellegrini, vedo, ascolto, mi fermo con la memoria del cuore a quanto è accaduto a degli esseri umani. Foto, reperti, strumenti e luoghi di tortura cadono come macigni su di noi. Parlano di dolore e di sofferenza. “spettacolo” inaudito! Un’organizzazione di morte. Uomini, donne e bambini esposti a esperimenti medici. Tante ragazze, donne venivano sottoposte a esperimenti ginecologici e di sterilizzazioni. Nessun termine può rendere la realtà vissuta. Nessun immagine può esprimere l’atroce, infinita barbaria. L’umanità porterà sempre questo fardello del genocidio, della distruzione di massa come monito per non dimenticare.

Passando davanti ai vari “reparti della morte” ad Auschwitz, come in tanti altri campi di concentramento e di annientamento della Germania dove sorsero i primi campi, della Polonia e in altre parti dell’Europa, la prima reazione – davanti alla follia umana in azione – è un’esclamazione di “no, non è possibile”. ” Come si può arrivare a questo?” Ho visto poche persone, indifferenti, forse perché increduli: l’orrore è talmente potente da non crederci. Penso che la maggior parte si lasci ferire nel profondo come se si trattasse dei propri cari. raw-1Il silenzio sembra abitare i visitatori che tante volte si trasformano in pellegrini. Si vorrebbe scagliarsi contro chi ha operato scelte di morte. Pochi sono coloro che non si lasciano attraversare da una domanda: “perché tutto questo, c’è un senso in questo luogo di odio e di violenza?”.
Anche qui vale il detto: fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Distruzione e morte, ma non si conosce bene la linea di frontiera tra vittime e carnefici…