Via Crucis

Ritrovo il giorno 3 novembre davanti all’entrata del Campo di Birkenau. Tante le persone che vogliono esserci, in silenzio, per pregare, per piangere, per tenere viva la memoria della Shoah, dei tanti campi di concentramento del XX secolo del continente europeo (e non solo).

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Anche le missionarie e i volontari del Centro Massimiliano Kolbe di Harmeze sono presenti e animano la tredicesima stazione. Con loro tutti noi, pellegrini ad Auschwitz, portando la quella Croce, corresponsabili di una storia che vorremmo non si ripetesse mai più.

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http://www.kolbemission.org/cella-amore

Quale bellezza salverà il mondo?

Entriamo in punta di piedi nel mistero del Venerdì Santo, con le nostre tante domande, spiazzati dal silenzio di Dio, sui Golgota di ieri e di oggi.

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Crocifisso scolpito con le unghie da un prigioniero ad Auschwitz

«Sempre più mi è entrata nel cuore la domanda che Dostoevskij, nel suo romanzo L’idiota, pone sulle labbra dell’ateo Ippolit al principe Myskin. “E’ vero, principe, che voi diceste un giorno che il mondo lo salverà la ‘bellezza’? Signori – gridò forte a tutti – il principe afferma che il mondo sarà salvato dalla bellezza… Quale bellezza salverà il mondo?”. Il principe non risponde alla domanda. Sembrerebbe quasi che il silenzio di Myskin – che sta accanto con infinita compassione d’amore al giovane che sta morendo di tisi a diciotto anni – voglia dire che la bellezza che salva il mondo è l’amore che condivide il dolore.

Sulla Croce il dolore e la morte entrano in Dio… E’ questo amore incredibile e insieme mite, attraente che ci coinvolge e ci affascina, quello che esprime la vera bellezza che salva.

Certo, il Dio cristiano non dà in questo modo una risposta teorica alla domanda sul perché del dolore del mondo. Egli semplicemente si offre come la “custodia”, il “grembo” di questo dolore, il Dio che non lascia andare perduta nessuna lacrima dei Suoi figli, perché le fa Sue. E’ un Dio vicino, che proprio nella vicinanza rivela il Suo amore di misericordia e la Sua tenerezza fedele. Il Figlio è il grande compagno della sofferenza umana, colui che ci è dato riconoscere in tutte le sofferenze, soprattutto quelle che chiamiamo “innocenti”».

+ Carlo Maria Martini

Tratto da: www.chiesadimilano.it

Sono con te

Riprendiamo la pubblicazione di alcune testimonianze lasciate alle Missionarie di Harmeze da alcuni pellegrini:

pixlr_20161016195209895_20161016195423198…ma persino in questo luogo di morte – la vita e il bene – non hanno smesso di pulsare: storie, volti, episodi riaffiorano e ti donano la certezza che l’ uomo è  e resta figlio di Dio, fatto a sua immagine, capace di elevarsi al di sopra di ogni abiezione.

Per questo motivo Auschwitz è un luogo di preghiera, di fede nella capacità dell’ uomo di ritrovare la sua dignità, perchè anche nella più nera delle notti, la croce ci parla e in eterno ci sussurra: “S o n o   c o n   t e …”  

Francesca G.

Camminando con il popolo

Una salita al Calvario dipinta con le immagini dell’oggi” . Così suor Maria Gloria Riva, fondatrice del monastero delle adoratrici perpetue del Santissimo Sacramento di Pietrarubbia, ha definito l’opera “Via Crucis per il terzo millennio, del pittore polacco Jerzy Duda Gracz.

Risultati immagini per JERZY DUDA GRACZ via crucis La salita al Calvario nella storia della Polonia. Nei 18 quadri della Via Crucis Jerzy Duda Gracz raffigura il mistero di un Cristo sofferente, che interroga e illumina le vicende di un popolo perseguitato, ma sorretto dalla fede nella risurrezione. È l’annuncio pasquale che risuona nella parola e nella testimonianza di Giovanni Paolo II, il papa polacco.
Ed è proprio Grazie all’incontro con Giovanni Paolo II, nel suo primo viaggio in terra polacca, che l’autore si è convertito alla fede cristiana. Una terra sempre presente nei dipinti della Via Crucis di Gracz, attraverso i personaggi che vi sono ritratti e i simboli della sua storia recente. Così lo stesso Giovanni Paolo II, padre Popiełuszko – ucciso dal regime comunista negli anni ’80 – e Massimiliano Kolbe – martire ad Auschwitz – compaiono nelle tele, e i pali stessi dei reticolati del campo di concentramento formano il letto su cui il Cristo viene deposto dopo la morte. «Gesù cammina con il popolo di Polonia – spiega suor Maria Gloria –, ma in questi quadri i suoi piedi non si vedono mai. Si mescolano con i nostri, sono i piedi che camminano con noi e che sostengono il peso stesso del mondo»….

«I piedi di Cristo compaiono infine nella crocifissione, enormi e in primo piano, come i piedi che hanno percorso un cammino di millenni», spiega suor Maria Gloria. È l’ultimo, doloroso episodio di una storia che si apre ai colori della speranza con le scene della Risurrezione e dell’Ascensione, evocate dalle parole di Giovanni Paolo II:

Padre, accoglici tutti nella croce del tuo Figlio! Accogli ciascuno di noi nella croce di Cristo. Senza guardare a tutto ciò che passa nel cuore dell’uomo, senza guardare ai frutti delle sue opere e degli avvenimenti del mondo contemporaneo, accetta l’uomo!

 

il testo completo del discorso di san Giovanni Paolo II: https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1980/april/documents/hf_jp-ii_spe_19800404_via-crucis.html

 

Dolore, preghiera e raccoglimento

Proseguiamo con il ricordo lasciato alle Missionarie di Harmeze da parte di una pellegrina.

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Per la prima volta ho sentito che camminavo dall’altra parte del fiume.

Ringrazio il Signore, per quanto mi sentissi triste, angustiata, non potevo confrontare il mio stato d’animo con la sofferenza di quei fratelli che persero la loro dignità umana. Non so, che nome dare a quella terra??? Il campo di concentramento non è un cimitero (perché non ci sono state sepolture), non è un museo. Ho trovato un nome nel mio cuore: labirinto! Camminando, sotto un albero, ho incontrato due bastoncini, rugosi, storti, formavano una croce. Gesù, come è stato difficile caricare questa croce.

Dopo… l’incontro con il prigioniero e martire, san Massimiliano Kolbe, una presenza di amore, per ognuno di noi, che continua attraverso l’opera delle missionarie. Una luce che sta guidando il mio cammino.

Amen.

Una pellegrina ad Auschwitz, Fátima

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Testimone della verità

“Il cammino dei santi ci invita a scoprire le meraviglie d’amore di Cristo da loro sperimentate” (padre Raffaele di Muro).

Edith Stein – Santa Teresa Benedetta della Croce (tratto dall’articolo di Riccardo Maria Formicola).

… La sua santità non può comprendersi se non alla luce di Maria, modello di ogni anima consacrata, suscitatrice e plasmatrice dei più grandi santi nella storia della Chiesa. Beatificata in maggio (del 1987), dichiarata santa in ottobre, entrambi mesi di Maria: si è trattato soltanto di una felice quanto fortuita coincidenza?

C’è in realtà un “filo mariano” che si dipana in tutta l’esperienza umana e spirituale di questa martire carmelitana. A cominciare da una data precisa, il 1917.  Per Edith il 1917 è invece l’anno chiave del suo processo di conversione. L’anno del passo lento di Dio. Mentre lei, ebrea agnostica e intellettuale in crisi, brancola nel buio, non risolvendosi ancora adecidere per Dio”, nella Città Eterna il francescano polacco Massimiliano Kolbe con un manipolo di confratelli fondava la Milizia dell’Immacolata, un movimento spirituale che nel suo forte impulso missionario, sotto il vessillo di Maria, avrebbe raggiunto negli anni a venire il mondo intero per consacrare all’Immacolata il maggior numero possibile di anime. Del resto – e come dimenticarlo? – quello stesso 1917 è pure l’anno delle apparizioni della Madonna ai pastorelli di Fatima. Un filo mariano intreccia misteriosamente le vite dei singoli esseri umani stendendo la sua trama segreta sul mondo. Decisiva per la conversione della Stein al cattolicesimo fu la vita di santa Teresa d’Avila letta in una notte d’estate. Era il 1921, Edith era sola nella casa di campagna di alcuni amici, i coniugi Conrad-Martius, che si erano assentati brevemente lasciandole le chiavi della biblioteca. Era già notte inoltrata, ma lei non riusciva a dormire.  Racconta: “Presi casualmente un libro dalla biblioteca; portava il titolo “Vita di santa Teresa narrata da lei stessa”. Cominciai a leggere e non potei più lasciarlo finché non ebbi finito. Quando lo richiusi, mi dissi: questa è la verità”.  Aveva cercato a lungo la verità e l’aveva trovata nel mistero della Croce; aveva scoperto che la verità non è un’idea, un concetto, ma una persona, anzi la Persona per eccellenza.

Ma Cristo non poteva perdonare i nostri peccati con un sorriso?

Condividiamo la testimonianza di Mauricio Artieda (dal sito di Aleteia)

Inizio col dire che non ci troviamo di fronte a una domanda facile. Si è scritto molto sul tema e con questo articolo non pretendo di esaurire la ricchezza e la complessità di un problema teologico che ha affascinato – non senza qualche grattacapo – gran parte dei teologi cristiani fin dall’inizio del cristianesimo. Questo problema, ad ogni modo, non è patrimonio esclusivo dell’alta teologia, ma una domanda che potrebbe porre anche un bambino: “Papà, perché è morto sulla croce, non era forse Dio?”cruz

Cosa rispondereste se vostro figlio vi ponesse questa domanda? Ci avete mai pensato?

Ho letto molti libri sul tema, ma non vorrei compiere un percorso storico-teologico per cercare di offrire una risposta. È importante conoscere le argomentazioni e le ragioni che ci offre la teologia per illuminare la nostra ragione, perché dobbiamo aver chiaro fin dall’inizio che ci troviamo davanti a un mistero che probabilmente non arriveremo mai a comprendere completamente. Attenzione, per “mistero” non mi riferisco a una realtà incomprensibile e chiusa in sé; in termini cristiani, il mistero è una realtà che supera la capacità intellettuale umana ma che grazie alla Rivelazione è rimasta semiaperta, rivelando quanto basta per farci sapere che ciò che si nasconde è maggiore di ciò che si mostra, e che anche se possiamo addentrarci e arrivare a conoscere alcune delle sue pieghe, ogni conoscenza che si avvicina alla verità sarà sempre una Grazia e mai una conquista personale.

Detto questo – che era molto importante –, voglio raccontarvi un’esperienza personale che mi ha commosso profondamente e mi ha aiutato a farmi un’idea più chiara del senso della croce di Cristo. È avvenuta qualche mese fa quando ho avuto l’opportunità di conoscere Auschwitz, uno dei campi di concentramento nazisti più noti della II Guerra Mondiale. In quel luogo sono morti milioni di persone, per la maggior parte ebrei, ma anche cristiani e persone di altre religioni. Per chi non lo sapesse, lì è morto in modo eroico anche San Massimiliano Kolbe. continua a leggere...