Dal diario di Anna Frank

 

È davvero meraviglioso che io non abbia lasciato perdere tutti i miei ideali perché sembrano assurdi e impossibili da realizzare. Eppure me li tengo stretti perché, malgrado tutto, credo ancora che la gente sia veramente buona di cuore. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ci ucciderà, partecipo al dolore di migliaia di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno la pace e la serenità.

Anna Frank

 

 

 

 

 

La cartolina di Natale

La testimonianza di Helena Dunicz Niwińska*, violinista a Birkenau.

Helena

«Tra i miei “souvenir” di Birkenau ci sono anche due cartoline di auguri molto belle che, su richiesta di Zosia, la “piccola” Hélène aveva realizzato volentieri per me. La prima cartolina fu eseguita in occasione delle feste del Natale del 1943, quando mi trovavo all’ospedale. La seconda per la Pasqua del 1944. Quei piccoli gesti nel campo avevano un grande significato, testimoniavano che c’era qualcuno che aveva bisogno di recare gioia a qualcun altro. Non erano soltanto le persone che mi facevano dono di quei regalini ma anche quelle che – pregate di realizzarli – lo facevano volentieri. Sebbene la “piccola” Hélène fosse ebrea, non costituiva per lei nessun problema disegnare delle cartoline in occasione delle feste cristiane festeggiate dalle polacche».

(tratto dal libro Una violinista a Birkenau, di Helena Dunicz Niwińska, Museo Statale di Auschwitz-Birkenau, 2015, p. 114)

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* Helena Dunicz Niwińska nasce nel 1915 a Vienna. Fino al 1943 abita coi genitori e coi fratelli a Leopoli. All’età di dieci anni inizia lo studio del violino nel Conservatorio. Giunge ad Auschwitz nell’ottobre del 1943 insieme alla madre. A Birkenau – in quanto violinista – diventa un membro dell’orchestra femminile fino al gennaio del 1945. Evacuata verso i campi di Ravensbrück e di Neustadt-Glewe, viene liberata nel maggio del 1945. Incontra papa Francesco, in visita ad Auschwitz, nel luglio 2016.

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Innamorarsi ad Auschwitz

Treni merci partirono da tutta Europa, colmi di ebrei prelevati dai ghetti in cui erano stati rinchiusi. Su uno di questi treni c’era anche una giovane slovacca, Helena Citronova, con gran parte della sua famiglia. L’arrivo nel campo. Al suo arrivo ad Auschwitz le furono tolti gli effetti personali e fu mandata nelle baracche insieme agli altri prigionieri.

La sorte di Helena era segnata: poco dopo il suo arrivo, le autorità del campo la inserirono nella lista di coloro che sarebbero stati mandati subito nei forni crematori. Nel pomeriggio del giorno della sua condanna a morte, la Citronova, ignara di tutto, fu costretta a cantare per il compleanno di uno dei capi del campo, un ufficiale austriaco delle SS di nome Franz Wunsch. Il giovanotto rimase incantato dalla voce dell’ebrea, e presumibilmente anche dal suo aspetto.

Lui si innamora

Questo spietato militare che molti avrebbero poi definito “brutale” mandava biscottini e dichiarazioni d’amore a una prigioniera, come se si trovassero in un posto di villeggiatura e non nel luogo dove la morte era di casa. Helena era sconvolta e, ovviamente, non completamente refrattaria all’idea di una relazione. Molti anni più tardi, la Citronova ricordò quei giorni: «Quando entrò nelle baracche dove stavo lavorando, mi gettò quella nota: “Sono innamorato di te”. Ho pensato che avrei preferito morire, piuttosto che frequentare un uomo delle SS. Per un lungo periodo c’è stato solo odio. Non riuscivo nemmeno a guardarlo in faccia».

Il salvataggio della sorella

Poi, però, a Helena giunse la notizia che ad Auschwitz stava arrivando anche la sorella Rozinka con i suoi due figli. Erano gli unici parenti che le erano rimasti e così decise di fare valere l’ascendente che aveva su Wunsch per salvare loro la vita. L’ufficiale disse che purtroppo per i bambini non poteva fare niente, ma che forse poteva ancora aiutare la madre. Si fece dire in fretta il nome della donna, corse attraverso tutto il campo di concentramento, entrò nell’edificio in cui si trovavano le camere a gas e riuscì a portare fuori Rozinka prima che si chiudessero le porte del forno. Aveva detto che la donna gli serviva, che avrebbe lavorato per lui.

Lei ricambia

Rozinka ed Helena riuscirono a sopravvivere alla lunga permanenza nel campo, soprattutto grazie all’aiuto della SS. In molti oggi si chiedono come reagirono i compagni di prigionia, che sicuramente erano a conoscenza della relazione tra la Citronova e l’ufficiale. Purtroppo possiamo soltanto immaginarlo, dal momento che non ci sono rimaste testimonianze e che  Helena non ha mai detto nulla al riguardo. Ha invece raccontato, ormai anziana e in Israele, che alla fine si era accorta di amare Franz Wunsch, per quanto incredibile e paradossale questo possa sembrare. La natura umana aveva operato un piccolo miracolo. Lo stesso ufficiale avrebbe detto: «Il desiderio aveva mutato il mio comportamento violento. Mi ero innamorato di Helena Citronova e ciò mi aveva cambiato. Sono diventato un’altra persona grazie alla sua influenza».

Ai processi di Norimberga

Quando la guerra finì e i prigionieri superstiti furono rilasciati, quando terminò la loro lunga marcia verso la liberazione, Helena e la sorella non dimenticarono di dovere la vita a Franz Wunsh, loro “nemico naturale”, in realtà loro salvacondotto verso la salvezza. Ai processi di Norimberga testimoniarono a suo favore e gli salvarono, a loro volta, la vita. Helena e Franz, oramai morti da tempo, si separarono e non vissero mai insieme. La pace portò ad entrambi una nuova vita.

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Tratto da: goo.gl/CoJXLd

 

La musica della prigionia

«E vidi un angelo, forte, scendere dal cielo, avvolto in una nube; l’arcobaleno era sul suo capo, la sua faccia era come il sole, le sue gambe come colonne di fuoco, […]. Pose il piede destro sul mare, e il sinistro sulla terra, e […] tenendosi ritto sul mare e sulla terra, alzò la mano […] al cielo, e giurò nel nome del vivente per i secoli dei secoli […] dicendo: “Non vi sarà più altro tempo! Nei giorni del suono del settimo angelo si compirà il mistero di Dio, […]”» di Olivier Messiaen

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Le musiche nate in questi luoghi, siano esse marcette per accompagnare i condannati a morte o capolavori della musica contemporanea (come le composizioni di Ullmann o il Quatuor pour la fin du Temps di Olivier Messiaen, scritto durante la prigionia nel lager di Görlitz) hanno scandito l’esperienza quotidiana dei prigionieri e ci spiegano la realtà meglio di qualsiasi pagina di un libro di storia.

La vita culturale a Terezín fu sempre oggetto di vivo dibattito tra gli artisti: a partire dal 1942 alcuni invitarono i loro colleghi a produrre opere i cui contenuti lasciassero intendere le reali condizioni di vita dei prigionieri e incarnassero i loro sentimenti di ribellione e protesta.

Il compositoreViktor Ullman, infatti, non si accontentò di scrivere un’opera ad uso e consumo dei prigionieri e delle SS.Der Kaiser von Atlantis oder Die Tod-Verweigerung L’imperatore di iAtlantide ovvero Il rifiuto della morte) è un’opera lirica, composta nel 1943 su libretto di Peter Kien. La trama ha un forte richiamo allegorico. L’Imperatore Overall governa l’Impero corrotto di Atlantide. Ordina alla Morte di guidare l’esercito in una guerra per la propria glorificazione. La Morte si rifiuta, entra in sciopero ed evita la morte dei soldati: ne deriva il caos. L’imperatore capisce di aver commesso un errore e per far tornare la Morte a fare il suo compito ne diventa lui stesso la prima vittima. La connotazione politica dell’opera è evidente e i riferimenti allegorici, anche musicali, non mancano: il più eclatante è una versione dell’inno nazista Deutchland, Deutchland uber alles riproposto in forma di variazione in tonalità minore.

La partitura manoscritta del Kaiser von Atlantis

Prima della partenza per Auschwitz, Ullman affidò i suoi manoscritti all’amico e compagno di cella Dott. Emil Utitz, bibliotecario presso il campo che, scampato alla prigionia, consegnò lo spartito al Dott. H. G. Adler. La partitura, ritenuta perduta per decenni, venne ritrovata nel 1971 dal direttore d’orchestra Kerry Woodward a Londra. Si trattava di una copia con modifiche e cancellazioni apportate nel corso delle prove del 1944. In vista della prima rappresentazione mondiale del Kaiser (1975), Woorward introdusse numerosi cambiamenti e soltanto nel 1981 andò in scena una versione più fedele al manoscritto, nel quale compariva un ensemble da camera formato dagli unici strumenti disponibili a Terezín (tra cui banjo, harmonium, sassofono contralto e clavicembalo). Negli anni Novanta venne fatta un’ulteriore ricostruzione filologica della partitura grazie alla collaborazione di alcuni dei musicisti sopravvissuti: il basso Karel Berman, il violinista Herbert Thomas Mandl e Paul Kling, primo violino alle prove di Terezín.

 

Tratto da: https://terezinarte.wordpress.com/2014/12/15/der-kaiser-von-atlantis/