Testimonianze

Ancora alcune testimonianze dall’ultimo pellegrinaggio dell’estate 2017 in Polonia

La visita ad Auschwitz e a Birkenau ci ha toccato moltissimo, le immagini dei campi e della mostra sono e rimarranno sempre impresse nel cuore e nella mente…. Ci ha colpito molto la montagna di capelli esposta dietro quelle vetrate (noi che se abbiamo un capello fuori posto ….!!!!) e le scarpe ammucchiate.

Ci è ritornata alla mente una poesia di Joyce Lussu: “C’è un paio di scarpette rosse”… poesia bellissima che aveva imparato a memoria nostra figlia…), ma vedendo quelle scarpette reali è tutta un’altra cosa !!!!

Manuela e Stefano


 

Mi ha colpito Birkenau.
È grande, molto, a percorrerlo, oltre e tornando,dalla schiera degli alberi mi ha colpito la sistematicità e la volontà di eliminare.
Penso a quanto può una coscienza indottrinata e sviata.
Penso al condizionamento che rende praticabile ciò che è condiviso.
Oltre il chiedere solo il silenzio, se si affida all’amore, potrà essere fecondo…

Raffaele Facci

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La forza del silenzio

Nell’ultimo libro del Cardinale R.Sarah – prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti – “La forza del Silenzio contro la dittatura del rumore”, il Cardinale si pone delle domande, le stesse che ogni pellegrino si fa mentre si aggira tra le baracche di Auschwitz-Birkenau e ciò che rimane delle persone che sono state deportate là.

L’umanità parla e Dio risponde con il suo silenzio.
Come è possibile comprendere gli anni della Shoah e il corteo abominevole dei campi di sterminio, come quello di Auschwitz-Birkenau, in cui sono morti tanti ebrei innocenti?
Come si fa a capire il silenzio di Dio?
Perchè Dio ha scelto di non intervenire mentre massacravano il suo popolo?

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La sofferenza dell’uomo diviene misteriosamente sofferenza di Dio.
Credere in un Dio silenzioso che “soffre” significa rendere il mistero del silenzio di Dio ancora più misterioso, ma anche più luminoso…
Il silenzio di Dio è un invito a custodire il silenzio per approfondire il grande mistero dell’uomo posto di fronte alle sue gioie, alle sue pene, alla sua sofferenza e alla sua morte.

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Un grande rispetto

La testimonianza dell’amica Inès – Brasile

Ricordo che quando ero piccola, sentivo parlare del campo di concentramento, dei prigionieri, dei tedeschi che avevano avuto questa assurda idea di costruire un luogo solo per lo sterminio di persone. Più grande ho cominciato a fare ricerche, ho letto libri, ho visto film, ho incontrato ex prigionieri…

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ma ora sono qui e incontro un mondo che non avrei mai immaginato di vedere e di trovare…

sento di voler camminare in silenzio con un grande rispetto e di pregare.

Ora so che esiste un grido per tutta l’umanità:

 

 

“Non permettiamo che l’uomo distrugga l’uomo”.

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Dalla parte dell’altro

Una testimonianza dall’Argentina

Visitando il campo di Auschwitz rimane solo il silenzio, per il grande dolore incontrato, respirato, ascoltato e visto…  graciela auschwitzPerò non un silenzio passivo, ma quello che ti parla nel profondo del cuore e ti dice la sofferenza e la abnegazione vissuta da tanti uomini, donne e bambini, giovani e anziani. In me è risuonata con insistenza la parola superbia: come diventa facile non vedere l’altro, addirittura calpestarlo. Anche se non viviamo in un campo di concentramento anche noi possiamo vivere e agire calpestando l’altro, nel nostro quotidiano. Padre Massimiliano Kolbe mi dice di stare dalla parte dell’altro, per amarlo, accompagnarlo, per avere cura, per riconoscere la sua dignità, anche di fronte a tante ingiustizie. Sono grata per essere stata qui e spero di poter ritornare.

Hasta pronto, Graciela 

 

 

Un’esperienza unica!

Ho iniziato questo viaggio incredula, accettando la richiesta di mio padre ad andare con lui, ogni 4 mesi circa si reca in Polonia, presso il Centro San Massimiliano Kolbe a fare volontariato. È bastato poco a farmi cambiare idea, a trovami subito a mio agio con le missionarie, gentilissime, mi hanno accolta da subito a braccia aperte. La Casa di spiritualità è un oasi di pace e tranquillità, dove staccare la spina dalla quotidianità, riflettere sulla vita di tutti i giorni e sulla propria persona, oltre a offrire l’aiuto nella casa per diversi servizi.

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La visita ad Auschwitz è toccante e inspiegabile, sono posti che vanno visitati almeno una volta nella vita, per non dimenticare cosa è successo. E come dice la guida: “Orrori che non andrebbero mai più ripetuti, ma che in realtà esistono ancora”.

Non vi sto a raccontare la storia di Auschwitz, ma la mia esperienza.

Un’unica parola: silenzio. Nessuno aveva voglia di commentare niente. Si passa da una stanza all’altra, si guarda. Si osserva. Increduli. Sento le strette allo stomaco. Guardo le foto e vedo i volti di chi non sapeva cosa stava per affrontare. E poi arrivano le lacrime, trattenute. Cammino e guardo sempre in silenzio. E poi ancora una stretta allo stomaco quando entro nelle sale con gli oggetti, i capelli, i vestiti. Ho i brividi. Poi le celle delle torture. Improvvisamente un senso di nausea mi pervade, vorrei uscire ma non lo faccio, resisto e continuo la visita in silenzio. Di fianco a me sempre mio padre che mi domanda come sto, vedendo questa realtà orribile.

Non è un posto che mette allegria, non è il posto adatto per andare in vacanza ma è importante che tutti quelli che hanno la possibilità di viaggiare lo vedano almeno una volta e capire finalmente, che non si tratta di fantasia, non è una storia inventata, è tutto reale! E’ difficile trovare le parole giuste per poter far capire che è stata una cosa orrenda. Sono sicura che ognuno di noi,  dopo aver visitato un qualsiasi campo di concentramento,  non sarà mai più lo stesso perché  quei  posti cambieranno il modo di guardare la nostra fragile vita umana.  Uscire da lì permette a tutti noi di rendersi conto dell’infinita fortuna che abbiamo a vivere, così.

A Birkenau invece si ha in generale una maggiore coscienza del posto in quanto è stato lasciato tutto come era, a differenza di Auschwitz che è stato trasformato in museo qui ci sono ancora le baracche che tante volte abbiamo visto nei film, e qui mi viene in mente il famoso film di Benigni “La vita è bella”. Si, perché la vita è davvero bella! E anche per questo bisogna vedere questo luogo, perché solo cosi impari sul serio che nessun giorno va sprecato… mai!

L’ultimo giorno prima di partire ho voluto visitare la mostra di Marian Kolodziej. Un’esplosione di numeri e facce senza tempo, senza identità, speranza e colore. Il dolore è incontenibile.Parole racchiuse in disegni che fanno male al cuore e stringono lo stomaco. Il prigioniero 432 , deportato con il primo vagone ha dormito in piedi nella cella di punizione, è stato messo a morte e salvato da un amico cui aveva regalato una zuppa, ha vissuto interminabili appelli. Finché sorpreso dalla grazia di Dio, dalla Provvidenza, dal Destino, è stato liberato. E dopo 50 anni, diagnosticatogli un ictus, ha fatto testimonianza di tutto ciò per riacquistare manualità. Questa visita aiuta molto a percepire quale emozione ogni disegno, ogni tratto di matita, vuole raccontare e denunciare e fare testimonianza di un dolore cosi celato a lungo. Lo scenografo ci lascia con un immagine verso la fine della mostra dove c’è lui che ti indica ed è come se ti dicesse: “ E tu che persona scegli di essere?” Poi una scritta: “Non dimenticare, non perché le cose non si ripetono, ma perché Auschwitz continua ancora oggi nel mondo che conosciamo. Solo noi, le nostre scelte, la nostra umanità possono impedire al male di vincere”.

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Cosi riparto in silenzio con il cuore ferito, e tanta consapevolezza di tutto ciò. Porterò sempre con me questa esperienza toccante, la racconterò  alle persone a me vicine e applicherò nella vita di tutti i giorni le piccole cose che ho imparato. Vorrei dire a tutte le persone in questo mondo: mantenete la pace, apprezzate la vita di ogni essere vivente, sia una persona o un animale, non uccidete, non  commettete gli errori del passato.

Solo oggi posso ringraziare mio padre per questo viaggio, perché mi ha dato la possibilità di “vedere”.

Alice – Senigallia – Marzo 2017

Ho bisogno di silenzio

30 agosto 2016. La testimonianza di Silvia al rientro dai campi di Auschwitz e Birkenau.

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Ho bisogno di silenzio!

Dopo le urla, la disperazione e il grido di dolore che esala dalla terra e che ho respirato nei campi, ho bisogno di silenzio!

Il cuore contrito, un nodo in gola che quasi mi soffoca, le lacrime che non scendono perché sono troppe… Ho bisogno di silenzio!

Silenzio per riflettere, ma non per tacere.

Non bisogna tacere ciò che è stato. Bisogna urlare ciò che è stato! Ho bisogno di urlare!

th-4Di urlare a squarciagola perché il nodo che ho in gola mi soffoca. 

Ho bisogno di silenzio perché voglio urlare e nel silenzio tutti possano ascoltare.

 

 

 

Il rumore del silenzio

420 ragazzi delle scuole medie e superiori hanno partecipato a marzo di quest’anno all’iniziativa “In Treno per la Memoria” organizzata da Cgil, Cisl e Uil Lombardia e sotto l’alto patronato della Presidenza della Repubblica, insieme a Guccini e a S.E. Vescovo Zuffi.

Il viaggio di questi ragazzi non è finito tra i blocchi di Auschwitz e le baracche di Birkenau. La meta è il viaggio stesso… Saliti, scesi e risaliti sul treno del tempo. E a bordo ogni volta con un carico sempre più pesante, dolore o anestesia dei sentimenti che sia…  L’eco di un sentimento quasi colpevole è il rumore del loro silenzio: dopo aver respirato l’aria di fango e pioggerellina, entrando e uscendo da non luoghi in cui i capelli di migliaia di donne sono stati trasformati in stoffa, le ossa di migliaia e migliaia di uomini e bambini in sapone. Milano, Monza, i paesi della Brianza: come sarà rivedere casa dopo aver trascinato le sneakers nella poltiglia di freddo, che anche a metà marzo ti morde la pelle e non perdona. 

Sono partiti tra le parole e ritornano senza. Ma hanno poco tempo per non dire, per rimanere con se stessi. Perché il vero bagaglio che portano con sé si chiama “testimonianza”, possibile ora perché legato alla “consapevolezza” che prima era un’idea, ora è realtà…

Nel viaggio ad Auschwitz del 10-14 Marzo 2016 compiuto da alcuni ragazzi, è stata chiesta una parola per definire Auschwitz.
Alle parole espresse dai ragazzi, uniamo per ultima anche la nostra: Speranza, perchè Auschwitz è anche questo.
Speranza che fatti del genere non accadano più,
speranza che l’amore vinca sempre sull’odio,
speranza perchè oltre la morte ci attende la vita eterna.

tratto da: La Stampa – viaggio nella storia

Un viaggio che cambia la vita

L’odio non è forza creativa; solo l’amore crea! La testimonianza di Roberto Parmeggiani

13412888_10208462758463204_7974566065755782411_nUno dei viaggi più importanti della mia vita risale al 2003 quando ho partecipato a un pellegrinaggio in Polonia, nei campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau.Ricordo come fosse ora l’entrata nel campo, il cancello, il muro delle fucilazioni, i mattoni delle case e l’ingresso nei bunker in cui i prigionieri venivano lasciati a morire.Il senso di oppressione e di smarrimento, l’incapacità di comprendere il perché e il come.Il dono più grande, poi, è stato quello di poter entrare e restare qualche momento in silenzio dentro la stanza nella quale morì padre Massimiliano Kolbe, un sacerdote cattolico che offrì la sua vita al posto di un altro prigioniero e che venne lasciato morire di stenti proprio in quella stanza.Una sorte toccata a molti altri, in altre centinaia di celle.Milioni di persone vittime dell’odio.Un’esperienza che, seppur dolorosa, dovremmo fare tutti. 

Entrare in quella stanza, 

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E fare dell’amore la nostra lotta.

Quella stanza, la stessa in cui il Papa si è fermato a pregare, viene chiamata Cella dell’Amore perché è stata testimone, in un contesto di odio, dolore e violenza di un grande atto di amore: libero, indipendente, generoso, creativo. Amare è possibile, sempre. Amare, forse, è l’unica nostra possibilità.

 

 

 

la speranza che va oltre la fine

… E così m’iscrive in Te la mia speranza, fuori di Te non posso esistere
quando innalzo il mio “io” sopra la morte svellendolo da un suolo di sterminio,
questo avviene perché esso sta in Te come nel Corpo
che dispiega la sua potenza sopra ogni corpo umano
e rinnova il mio “io”, cogliendolo da un suolo di morte
in figura diversa eppure tanto fedele,
dove il corpo della mia anima e l’anima del mio corpo ritornano a congiungersi
fondando sulla Parola, per sempre, la vita fondata prima sulla terra,
dimenticando ogni affanno, come al levarsi, nel cuore, d’un Vento improvviso
al quale nessun uomo vivente può resistere                                                         
né le cime dei boschi,  né in basso le radici che si fendono.                                  Il Vento mosso dalla Tua mano, ecco, diviene Silenzio …

  Giovanni Paolo II (clicca e ascolta l’ audio)

La speranza vive tra le macerie della vita…

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Ritrovati ad Auschwitz due oggetti d’oro appartenenti ad una vittima del campo. Erano in un sottofondo di una tazza smaltata che veniva usata dai prigionieri. La persona era consapevole che gli oggetti potessero essere rubati, ma nello stesso tempo nutriva la SPERANZA che potessero essere usati in futuro.

il portavoce del museo – tratto da: ansa –> clicca e guarda il video