Il tramonto di Fossoli

 

Io so cosa vuol dire non tornare.
A traverso il filo spinato
Ho visto il sole scendere e morire;
Ho sentito lacerarmi la carne
Le parole del vecchio poeta:
«Possono i soli cadere e tornare:
A noi, quando la breve luce è spenta,
Una notte infinita è da dormire».
Primo Levi – 7 febbraio 1946

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Ci sono donne

Ci sono donne che hanno occhi profondi e sconosciuti come oceani…

Se ti fermi un istante le puoi sorprendere, mentre lottano contro il proprio istinto…
Mentre fanno passeggiare il proprio dolore a piedi nudi, affrontando onde che ad ogni mareggiata sono sempre più minacciose…
Ci sono donne che chiudono gli occhi, ascoltando una musica lenta,
che rende ancora più salate le loro lacrime…
Ci sono donne che con orgoglio ma con il nodo in gola, rinunciano alla
felicità…
Ci sono donne che con i loro occhi fotografano quegli splendidi ma così
fugaci attimi in cui si sentono abbracciate dall’amore, sperando di mantenerli vivi e colorati per sempre…
Se apri gli occhi un istante le puoi osservare, mentre disseminano briciole
di se stesse lungo il percorso verso quel treno che le porterà via,
mentre urlano la loro rabbia contro vetri tremolanti di una casa diventata
prigione…

Chiara De Felice

In memoria di tutte le donne deportate ad Auschwitz-Birkenau.

 

la poesia completa qui: https://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-personali/poesia-14584

Testimonianze

Ancora alcune testimonianze dall’ultimo pellegrinaggio dell’estate 2017 in Polonia

La visita ad Auschwitz e a Birkenau ci ha toccato moltissimo, le immagini dei campi e della mostra sono e rimarranno sempre impresse nel cuore e nella mente…. Ci ha colpito molto la montagna di capelli esposta dietro quelle vetrate (noi che se abbiamo un capello fuori posto ….!!!!) e le scarpe ammucchiate.

Ci è ritornata alla mente una poesia di Joyce Lussu: “C’è un paio di scarpette rosse”… poesia bellissima che aveva imparato a memoria nostra figlia…), ma vedendo quelle scarpette reali è tutta un’altra cosa !!!!

Manuela e Stefano


 

Mi ha colpito Birkenau.
È grande, molto, a percorrerlo, oltre e tornando,dalla schiera degli alberi mi ha colpito la sistematicità e la volontà di eliminare.
Penso a quanto può una coscienza indottrinata e sviata.
Penso al condizionamento che rende praticabile ciò che è condiviso.
Oltre il chiedere solo il silenzio, se si affida all’amore, potrà essere fecondo…

Raffaele Facci

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Aprile di A.Frank

“E’ un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perchè esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perchè continuo a credere nell’intima bontà delll’uomo.”

20160918_144116Prova anche tu,

una volta che ti senti solo

o infelice o triste,

a guardare fuori dalla soffitta

quando il tempo è così bello.

Non le case o i tetti, ma il cielo.

Finché potrai guardare

il cielo senza timori,

sarai sicuro

di essere puro dentro

e tornerai

ad essere Felice.

Anna Frank

Infanzia miserabile

Infanzia miserabile, catena
che ti lega al nemico e alla forca.
Miserabile infanzia, che dentro il
suo squallore già distingue il bene e il male.
Laggiù dove l’infanzia dolcemente
riposa nelle piccole aiuole di un parco
laggiù, in quella casa, qualcosa si è spezzato
quando su me è caduto il disprezzo:
laggiù, nei giardini o nei fiori
o sul seno materno, dove io sono nato
per piangere…
Alla luce di una candela m’addormento
forse per capire un giorno
che io ero una ben piccola cosa,
piccola come il coro dei 30.000,
come la loro vita che dorme
laggiù nei campi,
che dorme e si sveglierà,
aprirà gli occhi
e per non vedere troppo
si lascerà riprendere dal sonno…

Zanus Zachenburg 19/07/1929 – Auschwitz 18/12/1943

Auschwitz nella poesia

Laggiù, ad Auschwitz, lontano dalla Vistola,
amore, lungo la pianura nordica,
in un campo di morte: fredda, funebre,
la pioggia sulla ruggine dei pali
e i grovigli di ferro dei recinti:
e non albero o uccelli nell’aria grigia
o su dal nostro pensiero, ma inerzia
e dolore che la memoria lascia
al suo silenzio senza ironia o ira.

Tu non vuoi elegie, idilli: solo
ragioni della nostra sorte, qui,
tu, tenera ai contrasti della mente,
incerta a una presenza
chiara della vita. E la vita è qui,
in ogni no che pare una certezza:
qui udremo piangere l’angelo il mostro

le nostre ore future battere l’al di là, che è qui, in eterno
e in movimento, non in un’immagine
di sogni, di possibile pietà.
E qui le metamorfosi, qui i miti.
Senza nome di simboli o d’un Dio,
sono cronaca, luoghi della terra,
sono Auschwitz, amore. Come subito
si mutò in fumo d’ombra
il caro corpo d’Alfeo e d’Aretusa!

Da quell’inferno aperto da una scritta
bianca: “Il lavoro vi renderà liberi”
uscì continuo il fumo
di migliaia di donne spinte fuori
all’alba dai canili contro il muro
del tiro a segno o soffocate urlando
misericordia all’acqua con la bocca
di scheletro sotto le docce a gas.
Le troverai tu, soldato, nella tua
storia in forme di fiumi, d’animali,
o sei tu pure cenere d’Auschwitz,
medaglia di silenzio?
Restano lunghe trecce chiuse in urne
di vetro ancora strette da amuleti
e ombre infinite di piccole scarpe
e di sciarpe d’ebrei: sono reliquie
d’un tempo di saggezza, di sapienza
dell’uomo che si fa misura d’armi,
sono i miti, le nostre metamorfosi.

Sulle distese dove amore e pianto
marcirono e pietà, sotto la pioggia,
laggiù, batteva un no dentro di noi,
un no alla morte, morta ad Auschwitz,
per non ripetere, da quella buca
di cenere, la morte.

Salvatore Quasimodo

Tratto da: http://cantosirene.blogspot.it/2011/01/laggiu-ad-auschwitz.html

Matricola 16670

Poesia di Alessandro Bertolino

. . . e dal mucchio informe di spettatori immobili, un uomo, matricola 16670, difficile dimenticare quelle parole:

“ sono  un  sacerdote  cattolico, voglio  prendere il  suo  posto” .

Attraversando il cortile, tirato per il colletto da una mano rabbiosa,                             vidi Massimiliano Kolbe con un sorriso entrare nella nuova fila.

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Eterno Amore

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“Chi sei, dolce Luce che m’inondi e rischiari la notte del mio cuore?
Tu mi guidi qual mano di una mamma;
ma se mi lasci non più d’un passo solo avanzerei.
Tu sei spazio che l’esser mio circonda
e in cui si cela.
Se m’abbandoni cado nell’abisso
del nulla,donde all’esser mi chiamasti.
Tu a me vicino più di me stessa,
più intimo dell’intimo mio.
Eppur nessun ti tocca o ti comprende
e d’ogni nome infrangi le catene:
Spirito Santo – Eterno Amore!”

Edith Stein

 

Poesia del 24 maggio 1942 di Edith Stein, ebrea, filosofa; poi cristiana, insegnante di filosofia e pedagogia; in seguito monaca col nome di Teresa Benedetta della Croce; infine martire ad Auschwitz nell’agosto 1942