Sui passi della memoria e della fede

Sui passi della memoria e della fede” è il tema che ha accompagnato il pellegrinaggio di tre parrocchie italiane in Polonia.

Un lungo viaggio in pullman con tante fermate, code e lavori in corso che li ha fatti giungere stanchi e un po’ sfiduciati ad Harmeze … è bastata però una bella cena nel nostro Centro per riprendersi subito. Il mattino seguente si sono messi in cammino verso i campi di concentramento di Auschwitz – Birkenau. Sentimenti di attesa, sconforto e dolore si vedevano nei volti di ciascuno e nei tanti “perché“ che ci venivano rivolti. Silenzio, ascolto, riflessione e preghiera: sono le parole che sempre ci aiutano a entrare in questi luoghi e che abbiamo suggerito loro all’inizio della visita. Al rientro hanno condiviso le loro esperienze molto profonde, nonostante in alcuni momenti, il cuore diventasse pesante e la commozione intensa.

Cosi ha scritto Paola: “Non ho trovato risposte, ma tanti perché. Quante vittime innocenti… Felice di aver visto, camminato e sentito con il cuore tantissime emozioni. Quella più grande: quando ho detto alla mia piccola Alice (9 anni) di dire una preghiera per tutti quei bambini che sono morti, e lei mi ha risposto: “Mamma, l’ho già fatto”.

Il piccolo Leonardo di 6 anni chiede alla mamma: “Mamma, le persone che erano qui come vivevano il Natale?”.

Ho pianto per la crudeltà dell’uomo, ma sotto nelle celle di punizione quel cero pasquale in memoria di san Massimiliano mi ha ricordato che non devo fermarmi al venerdì santo, ma dirigere lo sguardo verso la domenica di Pasqua. Grazie di questo cammino”.

Come si può avere fede in un luogo di dolore e morte? Come si puó pregare? Mi ha sconvolto vedere quella corona del Santo Rosario fatta da un prigioniero con la mollica del pane, significa che si era privato di quel pezzetto di pane giornaliero per realizzarlo. Che fosse più importante l’alimento della fede che quello del corpo? Non sarei stato capace di un gesto così!”.

Qualcuno ha detto che portava nel cuore e nella memoria gli occhi delle fotografie dei prigionieri, che ha ritrovato poi visitando la mostra di Marian Kołodziej.  Questi occhi di dolore, di sofferenza che interpellano, ti scrutano dentro… gli stessi li ha poi ritrovati nella sua profondità guardando gli occhi del Signore Risorto, nella immagine di Gesù Misericordioso al Santuario di Łagiewniki.

Maria del Carmen

Auschwitz – un nome da ricordare

Dalle testimonianze di alcuni pellegrini che hanno soggiornato nella casa di spiritualità delle missionarie ad Harmeze nel mese di agosto 2016.

 

krakow-auschwitz-czeslawa-kwokaAuschwitz è un nome che non lascia indifferenti:quando si cammina tra i blocchi, si incontrano gli occhi degli internati ritratti nelle fotografie, si avverte forte il peso di un dolore insostenibile. La terra ad Auschwitz trasuda sangue, se si alza lo sguardo verso il cielo si comprende che Dio non ha abbandonato le sue creature, ma è morto con loro, con loro ha patito e con loro è risorto. Questo luogo di morte e diventato memoria e monito, preghiera e testimonianza e la sua lezione resterà indimenticabile.

Federica

iiws-2co-brama-muzeum-auschwitz4Oggi, lunedì 29 agosto 2016, sono andata ai campi di sterminio e, oltrepassando il cancello – sotto la scritta – mi ha sopraffatto una sensazione di angoscia . Il cuore e la mente si abbandonano, in pensieri offuscati da tanta crudeltà. E’ impossibile immaginare il dramma di tante persone sofferenti, provate della propria dignità. Non dobbiamo dimenticare il loro martirio, uomini, donne, bambini, innocenti e il dramma delle vite spezzate. Noi siamo la vostra voce, il vostro cuore e la vostra mente. Riposate in pace!

Annie

 

Crescere ad Auschwitz

Eleonora – un’adolescente di 14 anni di Mogliano Veneto (TV) – dopo essere stata ai primi di giugno in pellegrinaggio ed aver soggiornato presso la Casa di Spiritualità San Massimiliano Kolbe a Oswiecim, ha lasciato questa testimonianza come ricordo del suo passaggio…

 

E’ stata un’esperienza fantastica, la gente ed il luogo mi sono piaciuti molto. Mi aspettavo emozioni diverse, credevo di non riuscire a provare emozioni così forti. Credevo di annoiarmi, di passare le giornate a leggere ed invece ho trovato persone fantastiche, che si sono aperte con me e con le quali ho potuto parlare.

Auschwitz e Birkenau sono state un momento di pura riflessione per me. Mi hanno insegnato ad accettarmi e a credere in me stessa.Facevo molta fatica prima, ma da questo viaggio ho imparato molte cose. Credevo che tanti fatti non potevano succedere o essere possibili, ma ho capito che la crudeltà umana non ha limiti.

La mostra allestita in questo posto mi ha lasciato senza parole. Pensavo che la gente dopo aver vissuto un’emozione simile non potesse esprimere in qualche modo le crudeltà e le “schifezze” provate. L’arte e il disegno di Marian hanno aperto a me un mondo e un modo nuovo di pensare.
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Nel disegno il deportato n. 432 parla di sé: dopo esser stato colpito da una paralisi ha il coraggio di raccontare per la prima volta la sua sofferenza e l’orrore vissuto ad Auschwitz. Ed ecco che ne esce questo doppio uomo, sdraiato sul tavolo c’è il Marian nuovo che facendosi guidare dalla mano del Marian deportato, ritrae il suo calvario e ne dà testimonianza al mondo. (M.Pia)