la speranza che va oltre la fine

… E così m’iscrive in Te la mia speranza, fuori di Te non posso esistere
quando innalzo il mio “io” sopra la morte svellendolo da un suolo di sterminio,
questo avviene perché esso sta in Te come nel Corpo
che dispiega la sua potenza sopra ogni corpo umano
e rinnova il mio “io”, cogliendolo da un suolo di morte
in figura diversa eppure tanto fedele,
dove il corpo della mia anima e l’anima del mio corpo ritornano a congiungersi
fondando sulla Parola, per sempre, la vita fondata prima sulla terra,
dimenticando ogni affanno, come al levarsi, nel cuore, d’un Vento improvviso
al quale nessun uomo vivente può resistere                                                         
né le cime dei boschi,  né in basso le radici che si fendono.                                  Il Vento mosso dalla Tua mano, ecco, diviene Silenzio …

  Giovanni Paolo II (clicca e ascolta l’ audio)

La speranza vive tra le macerie della vita…

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Ritrovati ad Auschwitz due oggetti d’oro appartenenti ad una vittima del campo. Erano in un sottofondo di una tazza smaltata che veniva usata dai prigionieri. La persona era consapevole che gli oggetti potessero essere rubati, ma nello stesso tempo nutriva la SPERANZA che potessero essere usati in futuro.

il portavoce del museo – tratto da: ansa –> clicca e guarda il video

Il cielo era il limite

In un tempo in cui, pur essendo nella società delle immagini, non sappiamo più guardare” suor Maria Gloria Riva, attraverso la sua passione per l’arte, ci porta a conoscere, Samuel Bak pittore – superstite dell’Olocausto – che attraverso i suoi quadri ricorda le ferite impresse a lui ed al suo popolo.

 

Era uno dei 70.000 ebrei della città di Vilnius. Sono tornati in duecento e lui undicenne è stato tra i più fortunati perchè è potuto tornare  stringendo il braccio a sua madre, il tesoro più prezioso che gli fosse rimasto.  Impressiona guardare alcuni dipinti di Samuel Bak. Uno, dal titolo Il cielo era il limite, racconta di orsacchiotti, gioco intramontabile per i bambini di ogni generazione, che giacciono inermi come anelanti al cielo. L’orizzonte è precluso da un alto muro di mattoni e il brandello di cielo che lascia intravvedere si riflette drammaticamente in una tela, posta su un cavalletto rudimentale.  Quegli orsi di peluche sono la memoria dei bambini che non sono più. Essi suonano come denuncia e monito verso noi adulti che guardiamo…

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da Avvenire: Occhi aperti sulle “Auschwitz” dei nostri giorni (testo integrale

 

 

un solo atto di umanità genera il perdono

12745465_1107151065982610_1892225701237847509_nRudolf Höss, primo comandante tedesco del campo di Auschwitz compì un unico atto di umanità.

 

Un giorno portarono ad Auschwitz «un’intera comunità di gesuiti» tranne il superiore e questo, disperato, volle raggiungere i suoi confratelli intrufolandosi nel campo di concentramento. Le guardie lo scoprirono e lo portarono da Höss, certi che il comandante avrebbe ordinato la sua esecuzione. Invece il sacerdote fu liberato, lasciando le guardie sconcertate.
Quando la guerra finì Höss fu arrestato e condannato a morte per crimini contro l’umanità. Ma l’ex comandante non era terrorizzato tanto dalla morte quanto dalla detenzione, convinto che le guardie polacche si sarebbero vendicate «torturandolo per tutto il tempo della prigionia e provocandogli una pena inimmaginabile». La sua sorpresa fu quindi enorme quando vide che «uomini le cui mogli, figlie e figli, uccisi ad Aushwitz, lo trattavano bene. Non riusciva a capacitarsene» chiese di potersi confessare. Le guardie provarono a cercare un sacerdote disponibile, ma «le ferite ancora molto vive» non resero facile trovare chi «volesse ascoltare la sua confessione». E infatti «non trovarono nessuno». L’ex comandante si ricordò improvvisamente di quel gesuita, padre Wladyslaw Lohn, che aveva risparmiato anni prima. Supplicò le guardie di cercarlo. Il gesuita, rintracciato proprio nel DSCN0461santuario della Divina misericordia di Cracovia, dove era diventato cappellano delle suore della Beata Vergine Maria della Misericordia, accettò di confessare Höss.
La confessione «durò e durò e durò, finché non gli diede l’assoluzione: “Ti sono perdonati i tuoi peccati. Rudolf Hoss, tu “l’animale”, i tuoi peccati ti sono perdonati. Vai in pace». Il giorno successivo, prima dell’esecuzione, il gesuita tornò per dare la Comunione al condannato…

 

dalla rivista tempi 

 

L’infanzia rubata

Quando si entra ad Auschwitz c’è silenzio, un silenzio che rimbomba dentro il cuore, ogni sassolino su cui camminavo era un grido silenzioso di dolore. Ogni cosa ad Auschwitz è colma di sofferenza. Il silenzio è assordante e fa rabbrividire. Auschwitz ti cambia, ti smuove qualcosa dentro, ti fa mancare il fiato… i muri di Auschwitz sono freddi e anche se c’è il sole, è buio. In questo luogo gli uomini hanno dato la prova di non essere umani. Una delle cose che mi ha sconvolto è stato vedere le scarpine dei bambini, i vestitini e i giocattoli. La cattiveria dell’uomo non ha risparmiato nemmeno i piccoli che si apprestavano alla vita. Ad Auschwitz sono bambini a metà a cui hanno rubato l’infanzia.

foto3Quando ho visto le foto dei bambini ho sentito la necessità di rendere giustizia a questi piccoli angeli innocenti.  Così, l’impegno che prendo per non rendere inutile e banale questa esperienza è quello di tutelare la vita, proteggerla e apprezzarla. Per quei bambini che non hanno avuto la gioia di festeggiare un compleanno, di ricevere le coccole della mamma, per quei bambini strappati alla vita che non hanno potuto piangere per un capriccio, che non sono diventati adolescenti, che non hanno potuto coltivare una passione e che non si sono innamorati.

Per quei bambini volati nel vento che sono morti con l’innocenza e la purezza, mi impegno a rispettare la mia vita – dono prezioso  – a sentirmi sempre fortunata, perché ho avuto l’opportunità di crescere nell’amore. Auschwitz non è il passato ma è un presente che vivrà sempre dentro il mio cuore. Credo che Auschwitz sia una Missione soprattutto per noi giovani che siamo il futuro, una missione quotidiana che non deve appartenere al passato; vedo Auschwitz negli occhi dei profughi che scappano dalla guerra, negli occhi dei poveri e di chi non ha ancora compreso che il bene e l’amore sono le vere cose importanti della vita. Tornando da Auschwitz sono cresciuta e sono ancora più consapevole che queste atrocità non devono succedere mai più.

testimonianza di Antonella, amica di P.Luca Garbinetto