28 maggio 1941: una nuova missione

Ricorre oggi l’anniversario dell’arrivo di Massimiliano Kolbe nel Campo di Auschwitz, gli venne assegnato e tatuato il numero 16670. Visse i mesi nel campo di contentramento come una missione, confortando e prendendosi cura degli altri prigionieri, infondendo speranza, come riporta questa testimonianza:

“A Lui devo il fatto di essere ancora vivo, di aver tenuto duro e di aver vissuto per essere liberato. In quel periodo le guardie e i kapò mi picchiavano spesso durante le ore di lavoro. Io cominciavo a desiderare di buttarmi sul filo spinato elettrico e farla finita, come facevano altri prigionieri. Così un giorno, preso dalla disperazione, corsi verso il filo spinato. Ma fui fermato, mi fecero tornare indietro e mi diedero cinquanta frustate per punizione. Padre Kolbe venne a saperlo. Mi parlò e riuscì a rendermi la calma. Le cose che mi disse ebbero un tale effetto su di me che non ho più pensato a suicidarmi. Non solo era coraggioso lui, ma trasmetteva lo stesso coraggio anche a me e a tutti gli altri che potrei anche nominare”.

(Alessandro Dziuba, ad Auschwitz dal settembre 1940)

Oggi le missionarie, alcuni frati e amici sono andati nel Campo per ricordare questa data importante, sono potuti scendere nella cella aperta dopo lungo tempo (rimasta chiusa a causa del Covid), un momento davvero emozionante.