lasciarsi condurre

Dal libro: “La sofferenza in San Massimiliano Kolbe” di Raffaele di Muro


SOFFERENZA IN SAN MASSIMILIANO KOLBE0001
Nell’esperienza spirituale di san Massimiliano il frutto più significativo ed evidente del suo costante e convinto porsi nelle mani dell’Immacolata è rappresentato dal modo sereno con cui affronta la morte e dalla pace che infonde negli altri nove condannati e reclusi nel bunker della fame e della sete. A tal proposito un testimone racconta che nella cella della disperazione si odono canti alla Madonna. Le guardie rimangono sorprese, perché da quel luogo sono solite ascoltare imprecazioni e bestemmie. Dopo molti giorni di prigionia e di digiuno solo Massimiliano rimane in vita, al punto che c’è bisogno di un’iniezione letale per ucciderlo. Chi è presente all’esecuzione testimonia i tratti sereni del suo volto, che incanta e sorprende i killers. E’ lui stesso,prima di addormentarsi, ad abbandonarsi tra le braccia della sua Mamma celeste, Colei alla quale ha affidato, ormai, da sempre, le chiavi del suo cuore.

E’ il trionfo dell’amore! Si tratta di un vero e proprio miracolo, perché l’offerta generosa, pacifica ed esemplare del frate polacco avviene in un posto terribile, ordinariamente terra di odio e di cattiveria. Questo prodigio di carità è possibile quando il credente si lascia guidare ed illuminare dall’esempio, dalla protezione e dalla benevolenza di Maria. A questo genere di atti eroici porta il quotidiano lasciarsi condurre dalla Madre di Dio.

il messaggio all’uomo sofferente di oggi

Dal libro: La sofferenza in San Massimiliano Kolbe  di R.di Muro – ed.Libreria Vaticana

Il santo frate è talmente immerso nel progetto missionario affidatogli dal Signore ed è così convinto della costante intercessione dell’Immacolata, che non si scoraggia al cospetto di evidenti problemi fisici: sa che, malgrado questo ostacolo, la forza conferitagli da Dio è tale da permettergli di superare ogni genere di difficoltà.Padre Kolbe aiuta il credente di oggi a superare lo scoraggiamento ed a continuare a perseverare nel cammino di fede e nel proprio percorso missionario. Da Dio proviene ogni vocazione, nonché la forza di portarla fruttuosamente a compimento.E’ evidente che il dolore fisico comporta non pochi problemi e disturbi al francescano polacco. Tuttavia egli, pur dispiaciuto per le limitazioni imposte all’attività apostolica, rimette tutto nelle mani dell’Altissimo, affidando serenamente la salute all’Immacolata…

Padre Kolbe è prostrato fisicamente e non può dar corso alla missione che porta nel cuore.Tuttavia, il suo atteggiamento e quello di continuare a compiere la volontà divina, accogliendo ogni situazione di contrarietà, onde conferire a ciascuna vicenda un valore legato alla sua santificazione ed al compimento del progetto dell’Altissimo.Vogliamo anche sottolineare la perseveranza del martire polacco, il quale è fortemente limitato nel parlare, data la situazione patologica dei suoi polmoni. Pur tuttavia, non esita a mettersi a disposizione della Chiesa per l’evangelizzazione e l’insegnamento.Non si abbatte e cerca, comunque, di valorizzare al massimo i talenti donatigli da Dio…

E’ il miracolo dell’affidamento, che si ripete in ogni situazione di sofferenza del santo, il quale, in questo modo, riesce a portare in pace la sua croce personale. Anche in prossimità del suo arresto, infonde nei suoi confratelli la calma e la pace necessarie per affrontare il tempo della persecuzione nazista.

la ricchezza di un pellegrinaggio

Questa è la testimonianza che ho reso ad una mia collega che non ha voluto partecipare al viaggio e spiritualità, perché si trattava di un cammino spirituale con santa Messa e preghiere quotidiane che avrebbero sottratto, secondo lei, del tempo al turismo vero e proprio. In realtà quei momenti di preghiera hanno avuto la capacità di preparare gli animi a visitare i luoghi nella loro realtà, senza fermarsi al contingente, anzi a trascenderli e penetrarli nella loro essenza.

Pertanto Auschwitz è stata una esperienza sconvolgente e coinvolgente, tutto aveva significato: voci, volti e sentimenti terribili e contrastati, tutto era presente! Quando sono arrivata ai forni crematori ho gridato: tutto è compiuto! E il mio pensiero è andato a quella visione dell’Apocalisse: «Chi sono queste persone vestite di bianco e da dove sono venute?» – «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione. Essi hanno lavato le loro vesti, e le hanno imbiancate nel sangue dell’Agnello…» (Ap 7,13-14), il cui sacrificio è servito a frenare e distruggere la grande e dolorosa piaga del nazismo, che si stava spargendo a macchia d’olio.

Maria-Pia-La via crucis a Birkenau mi ha condotta a camminare con le migliaia di persone, a calcarne le orme di allora e di oggi.

Un’altra sorpresa è stata l’approccio alla figura di padre Kolbe, la cui vita è stata un sacrificio costante di amore per l’avvento del regno di Dio, attraverso l’intercessione dell’Immacolata. Vita che si è conclusa con la donazione totale del servo fedele al suo Maestro. Uno dei capolavori che ci ha lasciato in eredità è certamente la Milizia dell’Immacolata, necessaria allora e ancor più oggi, la cui realtà non è molto diversa.

Il viaggio in definitiva è stato ben preparato ed organizzato e i momenti di spiritualità e di turismo ben integrati. La puntualità dei partecipanti, segno di rispetto e attenzione all’altro e alla collettività lo hanno reso fluido, leggero gratificante. Grazie a tutti.

Maria Pia Angelici

La non violenza ad Auschwitz

dal Diario di: Etty Hillesum 1941-1943 giovane ebrea olandese che venne deportata ad Auschwitz nel mese di settembre del 1943. Dal vagone piombato riuscì a gettare una  cartolina, che venne poi raccolta e spedita da un contadino: Abbiamo lasciato il campo  (di smistamento di Westerbork) cantando“.


Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini  su immagini di dolore umano. Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa:
cercherò di non appesantire l’oggi con i pesi delle mie preoccupazioni per il
domani, ma anche questo richiede una certa esperienza. Ogni giorno ha già la
sua parte. Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso prometterti nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare in questi
tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzetto di te in noi
stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. 
Dimenticano che non si può essere nelle grinfie di nessuno se si è nelle tue braccia. Comincio a sentirmi un po’ più tranquilla, mio Dio, dopo questa conversazione con te.

Discorrerò con te molto spesso, d’ora innanzi, e in  questo modo  ti impedirò di abbandonarmi.  Con me vivrai anche tempi magri,mio Dio, tempi scarsamente alimentati dalla mia povera fiducia; ma credimi, io continuerò a lavorare per te e a esserti fedele e non ti caccerò via dal mio
territorio.  

                 Per il dolore grande ed eroico ho abbastanza forza, mio Dio,                      ma sono piuttosto le mille piccole preoccupazioni quotidiane a saltarmi addosso   e a mordermi  come altrettanti  parassiti.   Be, allora mi gratto disperatamente       per un po’ e ripeto ogni giorno:  per oggi sei a posto,  le pareti protettive di una casa ospitale ti scivolano sulle spalle come un abito che hai portato spesso e che ti è diventato famigliare, anche di cibo ce n’è a sufficienza per oggi, e il tuo letto con le lenzuola bianche e con le sue calde coperte è ancora lì,      pronto per la notte e dunque, oggi non hai diritto  di perdere neanche un attimo della tua energia in piccole preoccupazioni materiali.  Usa e impiega bene ogni minuto di questa giornata         e rendila fruttuosa, fanne un’altra         salda pietra su cui possa ancora reggersi il nostro povero e angoscioso futuro.        Il gelsomino dietro casa è completamente sciupato dalla pioggia e dalle tempeste  di questi ultimi giorni, i suoi fiori bianchi galleggiano qua  e là sulle pozzanghere scure e melmose che si sono formate sul tetto basso       del garage. Ma da qualche parte dentro di me esso continua a fiorire indisturbato, esuberante e tenero come sempre e spande il suo profumo tutt’intorno alla tua casa, mio Dio.  Vedi come ti tratto bene. Non ti porto soltanto le mie lacrime e le mie paure, ma ti porto persino in questa domenica mattina grigia e tempestosa, un gelsomino profumato. Ti porterò tutti i fiori che incontro sul mio cammino e sono veramente tanti.
              Voglio che tu stia bene con me.     

E tanto per fare un esempio:  se io mi ritrovassi  richiusa in una cella stretta e vedessi passare una nuvola davanti alla piccola inferriata, allora ti porterei quella nuvola, mio Dio, sempre che ne abbia ancora la forza”. 

Vittime e sopravvissuti, testimoni di cose buone

Intervista alla missionaria Paola De Falco, accompagnatrice nei pellegrinaggi in terra polacca.

DSCN1312Chi è stato in Polonia, sicuramente ricorderà con grande simpatia Paola, la missionaria, che durante i vari spostamenti da una città all’altra, intratteneva i pellegrini rendendoli partecipi di aneddoti e racconti vari oltre che di traduzioni simultanee.

Cominciamo quindi con il chiederle di raccontarci qualche storia o qualche aneddoto particolare capitato ad Auschwitz.

Ricordo un episodio con una nostra guida, un signore polacco, distinto ed elegante, nostro amico; era un po` spiccio, asciutto di modi come capita talvolta a chi fa il suo mestiere da una vita intera e… in particolare, con noi italiani, sempre un po` pasticcioni e ritardatari come lui diceva… avevamo un gruppo di adolescenti col Parroco… tutti sui quindici anni (tranne il Parroco).

Visitando uno dei blocchi si possono vedere vari ritratti dei prigionieri appesi alle pareti… le famose fotografie dove il prigioniero era ripreso nella divisa a strisce, prima di fronte, poi di lato, poi ancora di lato col berretto in testa.Tutti rapati a zero, occhi tristi,visi ossuti… e sotto era indicata la data di arrivo ad Auschwitz e la data di morte. Usciamo dal blocco. Mentre la nostra guida riprende fiato per un attimo, uno dei nostri ragazzini gli si avvicina e gli chiede con incantevole innocenza: scusi, ma anche lei e` stato in campo di concentramento? Io? Dice lui… (che certo, pur avendo i capelli grigi, non può avere quella età, erano passati piu` di 60 anni da quegli avvenimenti) Ah.!. Continua convinto il ragazzo nella sua semplicità… perché sa, uno di quelli nelle foto mi era sembrato proprio lei…

Non vi dico la faccia della nostra guida… potete immaginarla a vostro piacimento.!! Beh, scherzi a parte, questo per dire che sui luoghi della Memoria la sensibilità e l`interesse dei visitatori è davvero varia… però Auschwitz desta interesse, dolore, stupore, riflessione, preghiera, odio ed amore a tutte le età, questo è sicuro.

Che differenza c’è tra la partecipazione dei giovani e quella degli adulti nel campo? Che tipo di reazioni hanno, sono simili o diverse fra loro?

In comune c`è lo stupore doloroso, la scoperta del male che può riuscire ad abitare le profondità dell`uomo. Il male cosi cattivo, infernale,al di la` di ogni spiegazione e` un mistero per tutti: chi siamo? Cosa potrei diventare se…? . E` difficile per giovani e adulti, credere che si possa arrivare a tanto… E questo in fondo è un bene, vuol dire che ci è stata data la grazia di rimanere in qualche modo lontani e ancora illesi da Auschwitz e dal suo mistero, così come erano rimaste illese (ma in esse la grazia e stata ancora più` grande) Anna Frank ed Etty Hillesum che scrivevano, entrambe, nei loro diari: “Nonostante tutto ciò che accade credo che gli uomini sono buoni…”.

Forse nei giovani c`è più ricerca esistenziale perchè hanno più futuro: ma io cosa avrei fatto in quella situazione? Qual`è il senso della nostra vita su questa terra? Manca l`esperienza diretta (per fortuna) ma c`e` molta sensibilità (dipende anche da come sono preparati alla visita). Negli anziani c`è più ricordo: molti ricordano la guerra, c`è chi ha avuto il padre in campo di concentramento, qualche famigliare… hanno ricordi personali e sofferenze personali che, se diverse dalla guerra, a volte non sono meno dolorose. A volte prevale una nota di pessimismo e di disincanto in alcuni ( forse perché hanno appunto i loro anni e il mondo di oggi non sembra loro tanto migliorato); molti, specie tra le persone che vengono con le parrocchie, trovano forza affidando a padre Kolbe e “ai santi dei campi” le loro intenzioni ed i problemi e vivendo la visita come un vero pellegrinaggio spirituale.

Lei ha conosciuto diversi prigionieri, se ricordo bene anche il famoso artista Marian Kołodziej, cosa l’ha colpita in ciascuno di loro?

Sì. Ho avuto la grazia di arrivare in Polonia quando diversi prigionieri erano ancora vivi e in particolare ho avuto la grazia di conoscere tre testimoni oculari che hanno partecipato alla famosa selezione nella quale padre Kolbe diede la vita per Gajowniczek. Amo ricordare Adam Jurkiewicz (sepolto nel nostro cimitero a Oświęcim), Michał Micherdzinski e Marian Kołodziej (le cui ceneri sono nell`urna posta nella sua stessa mostra “Labirinti” nei sotterranei della nostra chiesa parrocchiale). Ricordo anche Zofia Pochorecka, Elisa Springler… Cosa mi ha colpita in loro? Credo che fossero tra loro persone molto diverse pero` l`esperienza di Auschwitz li accomunava tutti in ciò che c`è di sostanziale: l`orrore e quindi il silenzio, il ricordo sfuggito, rimosso… poi il lento riaffiorare dei ricordi e, infine, l`accoglienza del dovere della testimonianza verso le nuove generazioni. Erano vittime ma erano sopravvissuti e avevano visto padre Kolbe, loro stessi erano testimoni anche di cose buone viste ad Auschwitz. Ogni loro parola mi ha donato tanto… ringrazio Dio di essere arrivata in tempo per conoscerli. Per me sono stati la testimonianza viva della forza vincente del bene e dell`amore sull’odio e sul male. Cerco di trasmettere più fedelmente possibile le loro testimonianze ai gruppi che accompagno nella visita ai campi e sento che loro sono con me mentre parlo…

Testimone della verità

“Il cammino dei santi ci invita a scoprire le meraviglie d’amore di Cristo da loro sperimentate” (padre Raffaele di Muro).

Edith Stein – Santa Teresa Benedetta della Croce (tratto dall’articolo di Riccardo Maria Formicola).

… La sua santità non può comprendersi se non alla luce di Maria, modello di ogni anima consacrata, suscitatrice e plasmatrice dei più grandi santi nella storia della Chiesa. Beatificata in maggio (del 1987), dichiarata santa in ottobre, entrambi mesi di Maria: si è trattato soltanto di una felice quanto fortuita coincidenza?

C’è in realtà un “filo mariano” che si dipana in tutta l’esperienza umana e spirituale di questa martire carmelitana. A cominciare da una data precisa, il 1917.  Per Edith il 1917 è invece l’anno chiave del suo processo di conversione. L’anno del passo lento di Dio. Mentre lei, ebrea agnostica e intellettuale in crisi, brancola nel buio, non risolvendosi ancora adecidere per Dio”, nella Città Eterna il francescano polacco Massimiliano Kolbe con un manipolo di confratelli fondava la Milizia dell’Immacolata, un movimento spirituale che nel suo forte impulso missionario, sotto il vessillo di Maria, avrebbe raggiunto negli anni a venire il mondo intero per consacrare all’Immacolata il maggior numero possibile di anime. Del resto – e come dimenticarlo? – quello stesso 1917 è pure l’anno delle apparizioni della Madonna ai pastorelli di Fatima. Un filo mariano intreccia misteriosamente le vite dei singoli esseri umani stendendo la sua trama segreta sul mondo. Decisiva per la conversione della Stein al cattolicesimo fu la vita di santa Teresa d’Avila letta in una notte d’estate. Era il 1921, Edith era sola nella casa di campagna di alcuni amici, i coniugi Conrad-Martius, che si erano assentati brevemente lasciandole le chiavi della biblioteca. Era già notte inoltrata, ma lei non riusciva a dormire.  Racconta: “Presi casualmente un libro dalla biblioteca; portava il titolo “Vita di santa Teresa narrata da lei stessa”. Cominciai a leggere e non potei più lasciarlo finché non ebbi finito. Quando lo richiusi, mi dissi: questa è la verità”.  Aveva cercato a lungo la verità e l’aveva trovata nel mistero della Croce; aveva scoperto che la verità non è un’idea, un concetto, ma una persona, anzi la Persona per eccellenza.

Dio esiste e la prova è l’universo

Medicina tra scienza e fede: a confronto i pensieri di due importanti personaggi del nostro secolo: il medico Umberto Veronesi e il fisico prof. Antonino Zichichi.

Dopo Auschwitz, il cancro è la prova che Dio non esiste”, Veronesi l’oncologo del dolore dice che “diventa molto difficile identificarlo come una manifestazione del volere di Dio. Ho pensato spesso che il chirurgo, e soprattutto il chirurgo oncologo, abbia in effetti un rapporto speciale con il male. Il bisturi che affonda nel corpo di un uomo o di una donna lo ritiene lontano dalla metafisica del dolore. In sala operatoria, quando il paziente si addormenta, è a te che affida la sua vita. L’ultimo sguardo di paura o di fiducia è per te. E tu, chirurgo, non puoi pensare che un angelo custode guidi la tua mano quando incidi e inizi l’operazione, quando in pochi istanti devo decidere cosa fare, quando asportare, come fermare un’emorragia”. Allo stesso modo di Auschwitz, per me il cancro è diventato la prova della non esistenza di Dio. Come puoi credere nella Provvidenza o nell’amore divino quando vedi un bambino invaso da cellule maligne che lo consumano giorno dopo giorno davanti ai tuoi occhi? Ci sono parole in qualche libro sacro del mondo, ci sono verità rivelate, che possano lenire il dolore dei suoi genitori? Io credo di no, e preferisco il silenzio, o il sussurro del “non so”.

Secondo il fisico invece “la speranza all’uomo del terzo millennio, solo la scienza e la fede possono darla. Questa speranza ha due colonne. Nella sfera trascendentale della nostra esistenza la colonna portante è la fede. Nella sfera immanentistica della nostra esistenza la colonna portante è la scienza. Noi siamo l’unica forma di materia vivente dotata della straordinaria proprietà detta ragione. La scienza ci dice che non è possibile derivare dal caos la logica che regge il mondo, all’universo sub-nucleare all’universo fatto con stelle e galassie. Se c’è una logica deve esserci un Autore”. Secondo Zichichi “la follia politica ha causato milioni di vittime innocenti. Auschwitz e cancro sono due esempi di tragiche realtà. Una dovuta alla follia politica del nazismo, l’altra alla natura. Perché Dio non interviene per evitare il ripetersi di tante tragiche realtà? Se la nostra esistenza si esaurisse nell’immanente, il discorso sarebbe chiuso qui. Immanente vuol dire tutto ciò che i nostri cinque sensi riescono a percepire. Questi nostri cinque sensi sono il risultato dell’evoluzione biologica. C’è però un’altra forma di evoluzione che batte quella biologica: l’evoluzione culturale. L’evoluzione biologica della specie umana non avrebbe mai portato l’uomo a scoprire se esiste o no il supermondo, come facciamo al Cern. Né a viaggiare con velocità supersoniche. Né a vincere su tante forme di malattia che affliggevano i nostri antenati. La nostra vita media ha superato gli 80 anni e le previsioni vanno oltre i cento anni, grazie alla scoperta che il mondo in cui viviamo è retto da leggi universali e immutabili. Nel “libro della natura”, aperto poco meno di quattro secoli fa da Galileo Galilei, mai una virgola è stata trovata fuori posto”.

(articolo tratto da ilfattoquotidiano.it)

Una luce nel buio dei cuori

Testimonianza di Francesca Martinelli, ospite estiva delle missionarie della comunità di Harmeze in Polonia.

E’ stato un dono grande e inaspettato che il Signore mi ha fatto, perché questa esperienza oltre ad essere stata bellissima, mi ha permesso di riflettere su alcuni aspetti del mio cammino. Nei momenti di preghiera ho chiesto a san Massimiliano di aiutarmi a capire cosa significa offrire la propria vita fino al punto di andare a morire al posto di uno sconosciuto. E ho capito ciò solo quando ho visitato il campo di sterminio di Auschwitz – Birkenau e ascoltato delle torture subite dai prigionieri, ho visto l’opera di spersonalizzazione operata sulle menti e i corpi con lucida e sistematica crudeltà. Opera che portava il prigioniero a cadere nello stato più basso di degrado psicologico e morale fino a perdere ogni connotato di umanità e dignità. Ho compreso allora tutta la forza di quel gesto di offerta. Lì dove le persone diventano bestie e cadono in una spirale di violenza e di lotta alla sopravvivenza, il gesto di san Massimiliano è stata una luce che ha rischiarato il buio dei cuori.

Insieme alle missionarie abbiamo ripercorso la sua via crucis, il momento in cui si è staccato dalla fila degli altri prigionieri dirigendosi verso il comandante delle SS, quei lunghi, interminabili passi, sfidando la paura e il rischio di venire ucciso sul colpo, per chiedere di fare uno scambio, di andare lui a morire al posto di uno dei prigionieri scelti quella mattina per vendicare il torto dell’evasione di un fuggitivo. 14.08.15 Auschwitz (22)Siamo poi entrate nel blocco 11, e percorrendo il lungo corridoio dove si trova il tribunale riservato ai dissidenti politici e a tutti coloro che erano accusati di complottare contro il regime, siamo entrate per qualche minuto nella cella in cui è stato ucciso. Vedere quel bunker di dimensioni così ridotte, dove si prova un angoscia mortale e dove lui invece, senza acqua ne’ cibo, ne’ alcuna fonte di luce, ha continuato a dare forza e coraggio agli altri prigionieri, tenendo desta la speranza con canti e preghiere, mi ha fatto comprendere ancora di più quanto la sua offerta sia stata un atto veramente eroico. In quel luogo di morte in cui ci si dimentica di essere uomini, lui ha invece ricordato che la legge dell’amore è più forte dell’odio. L’odio alimenta altro odio in una spirale senza fine, non genera nulla ma è destinato per sua stessa natura ad autodistruggersi. Solo l’amore è forza creativa.Le ceneri di padre Kolbe sparse dal forno crematorio sono state come “fertilizzante” che ha fatto germogliare semi di santità in ogni parte del mondo, che ha generato per contagio altre anime con la sua stessa sete missionaria.

Allora la vita trova senso solo nella logica di offerta di cui ci parla il suo modo di donarsi fino alla fine: senza sconti, senza misura. Come Dio che non ha annullato il male, l’ha preso su di sé, si è identificato nel dolore di quei prigionieri e ha vissuto nei loro corpi torturati, violati. Chi va in visita ad Auschwitz non può e non deve dimenticare che quel male è un monito per ricordare fino a quali atrocità si può spingere il cuore dell’uomo quando persegue strade di odio e di violenza.Come è scritto in una targa in cui è riportato il pensiero di Primo Levi, lo scrittore ebreo deportato e sopravvissuto ad Auschwitz: “E’ accaduto, perciò può accadere di nuovo, questo è il messaggio più importante che dobbiamo trasmettere”. Auschwitz è come un marchio indelebile impresso nella mente e nella memoria che insegna a tutti noi l’importanza di testimoniare per non dimenticare.Padre Kolbe è stato un testimone autentico di quella speranza che nasce da una vita donata per un ideale. Imparare a donarsi, imparare come si fa a morire per l’altro, è sperimentare già da ora, su questa terra, cos’è l’eternità.