Umiliazione

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La vita ci presenta situazioni che spesso non vorremmo mai affrontare ma che dobbiamo accettare con fede, con cuore e braccia aperte. Chi di noi non ha mai vissuto l’esperienza dell’umiliazione legata ad una particolare fragilità o sofferenza, esperienza che ci ha anche portato a un’accoglienza più profonda del limite nostro e altrui?
Proprio vicino alla nostra parrocchia ad Harmeze abitava Lucyna con suo marito. I nostri incontri erano casuali, di solito prima o dopo la Messa domenicale. Il più delle volte ci scambiavamo un saluto verbale, poche parole, una stretta di mano e un bel sorriso. La difficoltà comunicativa legata alla lingua non ci aveva comunque impedito un rapporto di amicizia e di vicinanza affettiva, capivamo che ci chiedevano spesso preghiere per le loro intenzioni. Vedevamo spesso suo marito arrivare a piedi, poi dopo un po’ in bicicletta e, dopo un tempo di assenza, in sedia a rotelle. Scoprimmo così che era affetto da sclerosi multipla. In poco tempo la sua situazione si stava aggravando e non solo non riusciva più ad alimentarsi da solo ma neanche a parlare. Solo gli occhi esprimevano la serenità e l’abbandono a quella difficile “obbedienza”. Andavamo a visitarlo e gli portavamo la Comunione che con sempre più fatica riusciva a deglutire. L’ultima volta non riuscivamo quasi a guardarlo negli occhi… Che esperienza dolorosa! si sperimenta tanta impotenza. È il mistero dell’umiliazione e della sofferenza, che anche Gesù ha sperimentato.

Andando al Campo di Auschwitz ci chiediamo: quali saranno stati i sentimenti di padre Kolbe quando gli è stato tolto il suo vestito ed è entrato nudo nella “cella dell’amore”? Come avrà affrontato le tante umiliazioni subite nel corso della sua vita e in particolare negli ultimi mesi di prigionia? Come avrà fatto ad accettare tutto con serenità e portare il conforto e la speranza agli altri condannati? Nella preghiera mettiamo anche le nostre domande.
Le Missionarie di Harmęże, Polonia

http://www.kolbemission.org/cella-amore

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Dio esiste e la prova è l’universo

Medicina tra scienza e fede: a confronto i pensieri di due importanti personaggi del nostro secolo: il medico Umberto Veronesi e il fisico prof. Antonino Zichichi.

Dopo Auschwitz, il cancro è la prova che Dio non esiste”, Veronesi l’oncologo del dolore dice che “diventa molto difficile identificarlo come una manifestazione del volere di Dio. Ho pensato spesso che il chirurgo, e soprattutto il chirurgo oncologo, abbia in effetti un rapporto speciale con il male. Il bisturi che affonda nel corpo di un uomo o di una donna lo ritiene lontano dalla metafisica del dolore. In sala operatoria, quando il paziente si addormenta, è a te che affida la sua vita. L’ultimo sguardo di paura o di fiducia è per te. E tu, chirurgo, non puoi pensare che un angelo custode guidi la tua mano quando incidi e inizi l’operazione, quando in pochi istanti devo decidere cosa fare, quando asportare, come fermare un’emorragia”. Allo stesso modo di Auschwitz, per me il cancro è diventato la prova della non esistenza di Dio. Come puoi credere nella Provvidenza o nell’amore divino quando vedi un bambino invaso da cellule maligne che lo consumano giorno dopo giorno davanti ai tuoi occhi? Ci sono parole in qualche libro sacro del mondo, ci sono verità rivelate, che possano lenire il dolore dei suoi genitori? Io credo di no, e preferisco il silenzio, o il sussurro del “non so”.

Secondo il fisico invece “la speranza all’uomo del terzo millennio, solo la scienza e la fede possono darla. Questa speranza ha due colonne. Nella sfera trascendentale della nostra esistenza la colonna portante è la fede. Nella sfera immanentistica della nostra esistenza la colonna portante è la scienza. Noi siamo l’unica forma di materia vivente dotata della straordinaria proprietà detta ragione. La scienza ci dice che non è possibile derivare dal caos la logica che regge il mondo, all’universo sub-nucleare all’universo fatto con stelle e galassie. Se c’è una logica deve esserci un Autore”. Secondo Zichichi “la follia politica ha causato milioni di vittime innocenti. Auschwitz e cancro sono due esempi di tragiche realtà. Una dovuta alla follia politica del nazismo, l’altra alla natura. Perché Dio non interviene per evitare il ripetersi di tante tragiche realtà? Se la nostra esistenza si esaurisse nell’immanente, il discorso sarebbe chiuso qui. Immanente vuol dire tutto ciò che i nostri cinque sensi riescono a percepire. Questi nostri cinque sensi sono il risultato dell’evoluzione biologica. C’è però un’altra forma di evoluzione che batte quella biologica: l’evoluzione culturale. L’evoluzione biologica della specie umana non avrebbe mai portato l’uomo a scoprire se esiste o no il supermondo, come facciamo al Cern. Né a viaggiare con velocità supersoniche. Né a vincere su tante forme di malattia che affliggevano i nostri antenati. La nostra vita media ha superato gli 80 anni e le previsioni vanno oltre i cento anni, grazie alla scoperta che il mondo in cui viviamo è retto da leggi universali e immutabili. Nel “libro della natura”, aperto poco meno di quattro secoli fa da Galileo Galilei, mai una virgola è stata trovata fuori posto”.

(articolo tratto da ilfattoquotidiano.it)