La vita ci presenta situazioni che spesso non vorremmo mai affrontare ma che dobbiamo accettare con fede, con cuore e braccia aperte. Chi di noi non ha mai vissuto l’esperienza dell’umiliazione legata ad una particolare fragilità o sofferenza, esperienza che ci ha anche portato a un’accoglienza più profonda del limite nostro e altrui?
Proprio vicino alla nostra parrocchia ad Harmeze abitava Lucyna con suo marito. I nostri incontri erano casuali, di solito prima o dopo la Messa domenicale. Il più delle volte ci scambiavamo un saluto verbale, poche parole, una stretta di mano e un bel sorriso. La difficoltà comunicativa legata alla lingua non ci aveva comunque impedito un rapporto di amicizia e di vicinanza affettiva, capivamo che ci chiedevano spesso preghiere per le loro intenzioni. Vedevamo spesso suo marito arrivare a piedi, poi dopo un po’ in bicicletta e, dopo un tempo di assenza, in sedia a rotelle. Scoprimmo così che era affetto da sclerosi multipla. In poco tempo la sua situazione si stava aggravando e non solo non riusciva più ad alimentarsi da solo ma neanche a parlare. Solo gli occhi esprimevano la serenità e l’abbandono a quella difficile “obbedienza”. Andavamo a visitarlo e gli portavamo la Comunione che con sempre più fatica riusciva a deglutire. L’ultima volta non riuscivamo quasi a guardarlo negli occhi… Che esperienza dolorosa! si sperimenta tanta impotenza. È il mistero dell’umiliazione e della sofferenza, che anche Gesù ha sperimentato.
Andando al Campo di Auschwitz ci chiediamo: quali saranno stati i sentimenti di padre Kolbe quando gli è stato tolto il suo vestito ed è entrato nudo nella “cella dell’amore”? Come avrà affrontato le tante umiliazioni subite nel corso della sua vita e in particolare negli ultimi mesi di prigionia? Come avrà fatto ad accettare tutto con serenità e portare il conforto e la speranza agli altri condannati? Nella preghiera mettiamo anche le nostre domande.
Le Missionarie di Harmęże, Polonia