La vita di san Massimiliano Kolbe viene definita come un esempio per i giovani volontari Prolife (età compresa fra i 15 e i 35 anni) che aderiscono al movimento per la vita.
Padre Kolbe ha sperimentato fino al sacrificio della vita la violenza dell’umanità, eppure nei sui giorni ad Auschwitz non aveva perso la gioia: “poteva essere felice ad Auschwitz, perché la sua felicità era Dio stesso”…. La definizione della gioia come “stile dell’aiuto” che ci ha lasciato Padre Kolbe con la sua vita non è un caso isolato. Edith Stein, morta anche lei ad Auschwitz, a chi le chiedeva consiglio rispondeva: “Lei potrà aiutare meglio gli altri se si preoccuperà il meno possibile di come farlo e sarà il più possibile semplice e gioiosa”
Sono passati sessant’anni ma le stanze della morte continuano ad esistere. Sono quelle in cui si consumano quotidianamente l’aborto e l’eutanasia: nell’indifferenza generale però c’è chi, oggi come allora, dice no. I prolife di oggi hanno tanto da imparare dalla lezione di Kolbe e Stein. Con quale stile affrontiamo questi tremendi attacchi alla vita?Tante volte siamo tentati di rispondere all’odio con la rabbia,all’ingiustizia con il giudizio. Eppure Padre Kolbe ci insegna che lo stile di chi difende la vita deve essere quello di chi ama la vita:come in ogni innamoramento autentico il nostro primo sentimento non può che essere la gioia dell’amore.