Sono con te

Riprendiamo la pubblicazione di alcune testimonianze lasciate alle Missionarie di Harmeze da alcuni pellegrini:

pixlr_20161016195209895_20161016195423198…ma persino in questo luogo di morte – la vita e il bene – non hanno smesso di pulsare: storie, volti, episodi riaffiorano e ti donano la certezza che l’ uomo è  e resta figlio di Dio, fatto a sua immagine, capace di elevarsi al di sopra di ogni abiezione.

Per questo motivo Auschwitz è un luogo di preghiera, di fede nella capacità dell’ uomo di ritrovare la sua dignità, perchè anche nella più nera delle notti, la croce ci parla e in eterno ci sussurra: “S o n o   c o n   t e …”  

Francesca G.

Camminando con il popolo

Una salita al Calvario dipinta con le immagini dell’oggi” . Così suor Maria Gloria Riva, fondatrice del monastero delle adoratrici perpetue del Santissimo Sacramento di Pietrarubbia, ha definito l’opera “Via Crucis per il terzo millennio, del pittore polacco Jerzy Duda Gracz.

Risultati immagini per JERZY DUDA GRACZ via crucis La salita al Calvario nella storia della Polonia. Nei 18 quadri della Via Crucis Jerzy Duda Gracz raffigura il mistero di un Cristo sofferente, che interroga e illumina le vicende di un popolo perseguitato, ma sorretto dalla fede nella risurrezione. È l’annuncio pasquale che risuona nella parola e nella testimonianza di Giovanni Paolo II, il papa polacco.
Ed è proprio Grazie all’incontro con Giovanni Paolo II, nel suo primo viaggio in terra polacca, che l’autore si è convertito alla fede cristiana. Una terra sempre presente nei dipinti della Via Crucis di Gracz, attraverso i personaggi che vi sono ritratti e i simboli della sua storia recente. Così lo stesso Giovanni Paolo II, padre Popiełuszko – ucciso dal regime comunista negli anni ’80 – e Massimiliano Kolbe – martire ad Auschwitz – compaiono nelle tele, e i pali stessi dei reticolati del campo di concentramento formano il letto su cui il Cristo viene deposto dopo la morte. «Gesù cammina con il popolo di Polonia – spiega suor Maria Gloria –, ma in questi quadri i suoi piedi non si vedono mai. Si mescolano con i nostri, sono i piedi che camminano con noi e che sostengono il peso stesso del mondo»….

«I piedi di Cristo compaiono infine nella crocifissione, enormi e in primo piano, come i piedi che hanno percorso un cammino di millenni», spiega suor Maria Gloria. È l’ultimo, doloroso episodio di una storia che si apre ai colori della speranza con le scene della Risurrezione e dell’Ascensione, evocate dalle parole di Giovanni Paolo II:

Padre, accoglici tutti nella croce del tuo Figlio! Accogli ciascuno di noi nella croce di Cristo. Senza guardare a tutto ciò che passa nel cuore dell’uomo, senza guardare ai frutti delle sue opere e degli avvenimenti del mondo contemporaneo, accetta l’uomo!

 

il testo completo del discorso di san Giovanni Paolo II: https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1980/april/documents/hf_jp-ii_spe_19800404_via-crucis.html

 

L’assimetria e la vita

Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell’aria.

La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia: sarebbe sciocco negarlo.

In questo libro se ne descrivono i segni:

il disconoscimento della solidarietà umana, l’indifferenza ottusa o cinica per il dolore altrui, l’abdicazione dell’intelletto o del senso morale davanti al principio d’autorità, e principalmente, alla radice di tutto, una marea di viltà, una viltà abissale, in maschera di virtù guerriera, di amor patrio e di fedeltà a un’idea.

“L’assimetria e la vita” di Primo Levi

 

 

 

Missionaria della memoria

Dopo Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, anche Papa Francesco ha visitato il campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau. Prima della visita è stata intervistata Liliana Segre, testimone della Shoah e sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti per dare un senso alla memoria.

Secondo il programma della visita, il Papa reciterà solo delle preghiere silenziose e incontrerà un gruppo di sopravvissuti e un gruppo di giusti tra le nazioni. Questa Risultati immagini per Liliana Segrescelta le sembra la più adatta al luogo?

Sicuramente sì. E devo dire che è un miracolo che ci siano ancora dei testimoni della Shoah, ma è molto bello anche onorare i giusti fra le nazioni. Quelli che non hanno voltato la faccia dall’altra parte, quelli che non hanno mostrato indifferenza, vanno onorati. Io ho lottato sempre contro l’indifferenza e sono riuscita a far scrivere a caratteri cubitali la parola ‘indifferenza’ all’ingresso del memoriale della Shoah al binario 21 della Stazione di Milano. Molti si sorprendono per quella scelta. Ma io mi sono battuta perché ci fosse quella scritta: tutto ciò che è successo e succede ancora oggi, molto più che della violenza, è colpa dell’indifferenza.

In occasione della Giornata mondiale della gioventù in programma a Cracovia, pare che circa duecentoventicinquemila pellegrini visiteranno Auschwitz e Birkenau. Cosa ne pensa?

Sono molto contenta, soprattutto se faranno una visita mirata. A volte sento che nelle scuole si parla di ‘gita’ a Birkenau o a Dachau. A me la parola ‘gita’ fa accapponare la pelle, perché quello ad Auschwitz è un pellegrinaggio e come tale va fatto. E penso che se questi giovani andranno come pellegrini e non come gitanti torneranno molto arricchiti spiritualmente.

Che significato ha oggi la memoria della Shoah?

Lei rivolge questa domanda a una persona che si considera una ‘missionaria della memoria’. Essere testimone della Shoah è il compito che mi sono data nella mia vita. Non sono la persona più adatta per darle questa risposta, perché io cerco sempre di tenere viva questa memoria e non solo per i miei cari, per quelle tre vite che ho perso, ma per tutti quelli che non sono tornati per raccontare – così come ho fatto io – tutte quelle facce, quegli occhi, quei colori che ho visto passare davanti a me. Certo che sono anche molto pessimista su questo punto. E penso che nel giro di una generazione o due, la parola ‘Shoah’ sarà una riga in un libro di storia. Per questo è necessario tenere sempre più che viva questa memoria…Infatti è la missione che mi sono data. Ma, attorno a me, gli altri testimoni con cui mi sono scambiata, non tanto ricordi, ma il piacere di aver avuto figli e nipoti nonostante tutto, si sono pian piano allontanati. Siamo rimasti molto pochi e sempre meno saremo. Io avevo allora 13 anni e per questo sono ancora oggi una delle pochissime che ha ancora la forza di raccontare, ma nel giro di pochissimi anni non rimarrà più nessuno. E allora la storia potrà essere cambiata, come racconta quel romanzo di Orwell, 1984, che io consiglio sempre ai giovani di leggere, perché, chi è al potere può sempre cambiare la storia.

Tratto dal sito di radio vaticana 

Storia di Vera

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”Primo Levi

Il libro che vi proponiamo questo mese e che troverete tra le “letture consigliate“ è: “Storia di Vera” di Gabriele Clima. Per piccoli e grandi, da non perdere!

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Recensione

Non è facile parlare ai bambini di certi argomenti. Quando si legge loro una storia, ascoltano, sono attenti. E quando il racconto finisce vogliono approfondire la conoscenza con i loro spontanei “perché”…

Di fronte a certe situazioni non ci possono essere risposte “secche”, sì o no, bianco o nero. “Perché il soldato non mi da una coperta?” – si chiede Vera – “E’ tanto freddo e mia sorella Anna è malata!”. Vera non sa perché si trova al campo, sente i grandi dire che ci sono persone che pensano che loro siano diversi dagli altri. E poi lei è lì con la mamma, con Anna e con Sara e, se si è tutti insieme, allora è come essere a casa. Quando muore Anna, Vera si ricorda di quello che le diceva sempre: che lei aveva un cuore grande, più grande di tutti. Così ogni notte la bambina sogna di regalare un pezzetto del suo cuore, caldo come un fuoco, ai soldati del campo. Passano i giorni, la neve smette di cadere, il vento di soffiare, i soldati di gridare.

Un mattino dei soldati con una stella rossa sul berretto tolgono le recinzioni del campo e nei prati spuntano fiori.

Una storia breve, semplice, da bambini, ma da condividere con loro. Se il testo scritto è poco, sono le immagini che parlano.

Vorrei concludere con una frase di Jella Pelman (1891 – 1970) coordinatrice dell’assistenza a donne e bambini tedeschi dopo la II° Guerra Mondiale e promotrice di iniziative di pace per i bambini: “…poco a poco, facciamo in modo di mettere questo mondo sottosopra nuovamente per il verso giusto, cominciando dai bambini. Mostreranno agli adulti la via da percorrere”.

Buona lettura!