Missionaria della memoria

Dopo Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, anche Papa Francesco ha visitato il campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau. Prima della visita è stata intervistata Liliana Segre, testimone della Shoah e sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti per dare un senso alla memoria.

Secondo il programma della visita, il Papa reciterà solo delle preghiere silenziose e incontrerà un gruppo di sopravvissuti e un gruppo di giusti tra le nazioni. Questa Risultati immagini per Liliana Segrescelta le sembra la più adatta al luogo?

Sicuramente sì. E devo dire che è un miracolo che ci siano ancora dei testimoni della Shoah, ma è molto bello anche onorare i giusti fra le nazioni. Quelli che non hanno voltato la faccia dall’altra parte, quelli che non hanno mostrato indifferenza, vanno onorati. Io ho lottato sempre contro l’indifferenza e sono riuscita a far scrivere a caratteri cubitali la parola ‘indifferenza’ all’ingresso del memoriale della Shoah al binario 21 della Stazione di Milano. Molti si sorprendono per quella scelta. Ma io mi sono battuta perché ci fosse quella scritta: tutto ciò che è successo e succede ancora oggi, molto più che della violenza, è colpa dell’indifferenza.

In occasione della Giornata mondiale della gioventù in programma a Cracovia, pare che circa duecentoventicinquemila pellegrini visiteranno Auschwitz e Birkenau. Cosa ne pensa?

Sono molto contenta, soprattutto se faranno una visita mirata. A volte sento che nelle scuole si parla di ‘gita’ a Birkenau o a Dachau. A me la parola ‘gita’ fa accapponare la pelle, perché quello ad Auschwitz è un pellegrinaggio e come tale va fatto. E penso che se questi giovani andranno come pellegrini e non come gitanti torneranno molto arricchiti spiritualmente.

Che significato ha oggi la memoria della Shoah?

Lei rivolge questa domanda a una persona che si considera una ‘missionaria della memoria’. Essere testimone della Shoah è il compito che mi sono data nella mia vita. Non sono la persona più adatta per darle questa risposta, perché io cerco sempre di tenere viva questa memoria e non solo per i miei cari, per quelle tre vite che ho perso, ma per tutti quelli che non sono tornati per raccontare – così come ho fatto io – tutte quelle facce, quegli occhi, quei colori che ho visto passare davanti a me. Certo che sono anche molto pessimista su questo punto. E penso che nel giro di una generazione o due, la parola ‘Shoah’ sarà una riga in un libro di storia. Per questo è necessario tenere sempre più che viva questa memoria…Infatti è la missione che mi sono data. Ma, attorno a me, gli altri testimoni con cui mi sono scambiata, non tanto ricordi, ma il piacere di aver avuto figli e nipoti nonostante tutto, si sono pian piano allontanati. Siamo rimasti molto pochi e sempre meno saremo. Io avevo allora 13 anni e per questo sono ancora oggi una delle pochissime che ha ancora la forza di raccontare, ma nel giro di pochissimi anni non rimarrà più nessuno. E allora la storia potrà essere cambiata, come racconta quel romanzo di Orwell, 1984, che io consiglio sempre ai giovani di leggere, perché, chi è al potere può sempre cambiare la storia.

Tratto dal sito di radio vaticana