Quale bellezza salverà il mondo?

Entriamo in punta di piedi nel mistero del Venerdì Santo, con le nostre tante domande, spiazzati dal silenzio di Dio, sui Golgota di ieri e di oggi.

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Crocifisso scolpito con le unghie da un prigioniero ad Auschwitz

«Sempre più mi è entrata nel cuore la domanda che Dostoevskij, nel suo romanzo L’idiota, pone sulle labbra dell’ateo Ippolit al principe Myskin. “E’ vero, principe, che voi diceste un giorno che il mondo lo salverà la ‘bellezza’? Signori – gridò forte a tutti – il principe afferma che il mondo sarà salvato dalla bellezza… Quale bellezza salverà il mondo?”. Il principe non risponde alla domanda. Sembrerebbe quasi che il silenzio di Myskin – che sta accanto con infinita compassione d’amore al giovane che sta morendo di tisi a diciotto anni – voglia dire che la bellezza che salva il mondo è l’amore che condivide il dolore.

Sulla Croce il dolore e la morte entrano in Dio… E’ questo amore incredibile e insieme mite, attraente che ci coinvolge e ci affascina, quello che esprime la vera bellezza che salva.

Certo, il Dio cristiano non dà in questo modo una risposta teorica alla domanda sul perché del dolore del mondo. Egli semplicemente si offre come la “custodia”, il “grembo” di questo dolore, il Dio che non lascia andare perduta nessuna lacrima dei Suoi figli, perché le fa Sue. E’ un Dio vicino, che proprio nella vicinanza rivela il Suo amore di misericordia e la Sua tenerezza fedele. Il Figlio è il grande compagno della sofferenza umana, colui che ci è dato riconoscere in tutte le sofferenze, soprattutto quelle che chiamiamo “innocenti”».

+ Carlo Maria Martini

Tratto da: www.chiesadimilano.it

Un mondo di fiabe

La bellezza che sa sbocciare anche in mezzo all’orrore, inaspettatamente, è una forma di resistenza alla realtà, un fiore raro e quindi prezioso. E la bellezza, struggente delicata e inattesa, ha saputo fiorire anche ad Auschwitz…

Le favole di Auschwitz (2009) è un volume edito dal Museo Statale di Auschwitz-Birkenau a cura di Mariusz Banachowicz e Jadwiga Pinderska-Lech.
Sono il frutto dell’opera illegale di alcuni prigionieri polacchi che lavoravano negli uffici del cosiddetto Bauleitung, l’amministrazione edilizia del lager dove venivano vagliati i piani di ampliamento del campo.
Un estratto dal volume “Di tutto ciò che vive”:

 

A mio figlio

Non conto i pensieri che verso te migrano
Piccolo amico mio, figlio lontano
Si potrebbero forse contare le onde che cullano
Di continuo una nave in un battibaleno?
A te penso come a un fresco mattino
Di tanto tempo fa dove di pini v’era una foresta
Ricordo stradine e sentieri, tracce del nostro comune cammino
E le parole simili allo scatto di una bianca colomba che a volare s’appresta
E la tua anima, figliolo, rammento
Che mai dall’infamia è stata macchiata
E i giorni delle tue emozioni e del tuo sentimento
Son per me ricordi di un’aurea ballata
Ahimè, non comprenderai forse questi discorsi confusi
Tutto ti canta di questi suoni la melodia
Ed essi sono nel mio cuore racchiusi
Quanta tristezza e nei suoi soffi la malinconia

tratto da: https://www.agiroergosum.com

i fiori di Auschwitz

Un viaggio nella memoria effettuato lo scorso anno da un liceo Artistico Statale di Latina  ed uno splendido elaborato che è stato lasciato ai posteri…

Sono partita con il terrore di passare tre giorni circondata da luoghi che mi avrebbero urlato contro solo parole di morte, di violenza, di pura e incontrollata follia. Credevo che non avrei sentito nient’altro che ribrezzo ed angoscia; le quali non sono di certo mancate. Ma tra queste e’ emerso, a mia sorpresa, una sensazione che fatico a descrivere, qualcosa di profondo e sottile che mi faceva restare ancorata all’essere umano, qualcosa che mi faceva percepire di quanta bellezza fosse fatto quest’ultimo; persino in posti come Auschwitz e Birkenau…

 

…In quel luogo fanno un incontro che Tati non smettera’ di raccontare: un uomo, un soldato nazista, ancora uomo, entra nel Kinderblock del ’dottor’ Mengele e porta loro dei biscotti, tanto semplici e banali quanto incredibilmente importanti per due sorelle ormai private di qualsiasi atto di incondizionato interesse o affetto. Quella scatola e’ per lei il ricordo piu’ bello e piu’ vivido del campo. E lo e’ ora anche per me….

 

… I campi di concentramento erano ambienti in cui nulla di bello, di fragile, di spontaneo poteva sopravvivere. Eppure, sono emersi dalla terra piu’ arida ed inospitale, fiori resistenti, dai colori brillanti, che non si sono piegati ad un clima mortale. Quei fiori erano centinaia di migliaia, erano tutti coloro che hanno regalato biscotti, che hanno dato la vita per non perdere un abbraccio, un bacio, una carezza, che hanno preferito le persone agli ordini dei folli, che hanno scelto una vita da fragili fiori, piuttosto che quella da pietre immortali. L’essere umano c’era, in tutta la sua straordinaria forza e bellezza. C’era ad Auschwitz negli anni quaranta e c’era ancora ad aprile dell’anno duemilasedici.
Francesca Angelini

l’intero articolo potete leggerlo qui: http://www.liceoartisticolatina.gov.it/userfiles/doc/2016_fiori_auschwitz.pdf

vedrai che è bello vivere

Chi s’aggrappa al nido

non sa che cos’è il mondo,

non sa quello che tutti gli uccelli sanno e

non sa perché voglia cantare

il creato e la sua bellezza.

Quando all’alba il raggio del sole

illumina la terra

e l’erba scintilla di perle dorate,

quando l’aurora scompare

e i merli fischiano tra le siepi,

allora capisco come è bello vivere.

Prova, amico, ad aprire il tuo cuore alle bellezza

quando cammini tra la natura

per intrecciare ghirlande coi tuoi ricordi:

anche se le lacrime ti cadono lungo la strada,

vedrai che è bello vivere.

Poesia del 1941, la guerra attraverso gli occhi dell’innocenza

Percorso di lettura e di approfondimento in occasione della Giornata nazionale della Memoria proposto da un gruppo di studentesse Del Liceo Classico- Istituto Magistrale di Ravenna nell’ambito del progetto ‘ Il Piacere di Leggere’.