Silenzio e lacrime

Cohj_CqUMAAeUzh

“Dal profondo a te grido, o Signore; 
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia supplica.
Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore” (Sal 130).

Anche noi ad Auschwitz, nel silenzio, per chiedere la grazia delle lacrime, per scendere nella cella dell’amore, per non dimenticare.

Guarda il video del pellegrinaggio del Papa su: https://www.youtube.com/watch?v=Gqqs_pmolK0

Papa Francesco ad Auschwitz. La grazia di piangere.

Domani mattina il Papa visiterà il lager di Auschwitz e Birkenau: non pronuncerà discorsi, rimarrà in silenzio e pregherà in privato da solo nella cella di san Massimiliano Kolbe. “Da solo, entrare,pregare.. E che il Signore mi dia la grazia di piangere”.

 

Ad Auschwitz il Papa incontrerà dieci superstiti del campo di concentramento che gli consegneranno una candela che egli accenderà. Poi nel blocco attiguo, dove venne ucciso san Massimiliano Kolbe, il Papa farà una visita in silenzio da solo nella sua cella. «Il 29 luglio, giorno della visita – ha sottolineato Lombardi – esattamente 75 anni prima, era stata pronunciata la sua condanna a morte». All’uscita firma il libro di onore, «probabilmente saranno le uniche parole che avremo del Papa a Auschwitz», ha chiosato il portavoce. Alle 10.30, Francesco si trasferisce nel vicino campo di Birkenau, a tre chilometri di distanza, dove visita un monumento di vittime delle nazioni, alla presenza di un migliaio di ospiti, passa davanti alle targhe commemorative nelle diverse lingue, depone una candela accesa, «e incontra 25 giusti delle nazioni». Qui un rabbino canterà in ebraico il salmo 130, il «de profundis», che verrà poi letto in polacco da un parroco di un paese dove viveva una famiglia cattolica «che fu sterminata, tutti compresi i bambini, per aver ospitato ebrei, e per i quali è stata avviata una causa di beatificazione».

dal sito di vatican insider vaticano

Ho scelto di lavorare all’ombra del camino

Arrivano alla spicciolata la mattina presto, imbacuccati nelle loro giacche a vento in questo gennaiIMG_0032o nemmeno così freddo per ora, anche se qui in Polonia le strade sono già imbiancate. Passano dal retro, superano un cancello con una sbarra abbassata per l’entrata degli autoveicoli e si dirigono verso gli edifici in mattoni rossi. Camminando, sfilano accanto a una tozza ciminiera: è il crematorio di una camera a gas. Qualche metro più avanti la porta di ingresso agli uffici: sono i Blocchi di un lager e loro sono le persone che hanno scelto di lavorare “all’ombra del camino” ad Auschwitz, in quello che fu il campo di concentramento diventato simbolo in tutto il mondo dello sterminio perpetrato dai nazisti e della Shoah…  Tra coloro che lavorano all’interno dell’ex campo di concentramento si alternano poco meno di 300 guide-educatori (ogni giorno ce ne sono a disposizione circa 100) che fanno da ponte tra la Storia narrata dai luoghi e dai reperti conservati qui e le storie dei sopravvissuti che ancora tornano in questi posti. Guide che, con i racconti e le spiegazioni, svolgono a loro volta un lavoro di testimonianza, inquadrando il contesto e tramandando la Memoria della Shoah alle future generazioni. “Perché anche i luoghi sono delle fonti, ma ovviamente non parlano da soli”, ci spiega Jadwiga Pinderska-Lech, responsabile delle pubblicazioni del Museo, che accompagna anche i gruppi italiani. “Se uno entra per esempio a Birkenau, vede i binari, vede i chilometri della recinzione, tante baracche, le macerie delle camere a gas… ma se viene impreparato capisce pochissime cose. La possibilità di ritrovarsi qua e poter riflettere qualche minuto secondo me è molto importante e spinge le persone a cercare di più, a leggere di più e a conoscere meglio la storia di Auschwitz”.

I candidati vengono scelti in base ai loro studi, poi sostengono tre prove e se promossi, dopo aver ottenuto il permesso del Presidente della Regione, possono cominciare a lavorare. La loro denominazione esatta da qualche tempo non è più “guida”, ma “educatore”. Al Museo di Auschwitz-Birkenau le visite guidate sono obbligatorie per tutti i gruppi organizzati, la grande maggioranza tra coloro che arrivano in pullman ai tornelli di ingresso. La tradizione di accompagnare i visitatori all’interno del campo è di lunga data, è cominciata nel 1947: “Le prime guide qui erano proprio i sopravvissuti – spiega Andrzej Kacorzyk, vicedirettore del Museo – tante persone che ora lo fanno sono legate ‘emozionalmente’ a questa consuetudine, perché sono figli o nipoti degli ex deportati o di quelli che lavoravano qui negli anni ’40-’50-’60”. Molti tra gli educatori hanno scelto di essere qui per vicende legate alla propria storia, come Malgorzata Domzal (che gli italiani che accompagna chiamano Margherita): “Metà della mia famiglia è stata uccisa qua, anche mio nonno, fucilato al Muro della Morte perché membro della resistenza”. Tutti si sentono investiti della missione e del dovere di trasmettere la Memoria per far sì che nulla sia dimenticato: “Mi sento come obbligata a gridare ad alta voce tutto quello che è successo”, spiega ancora Margherita…

Reportage tratto dal Corriere della Sera

 

Infanzia miserabile

Infanzia miserabile, catena
che ti lega al nemico e alla forca.
Miserabile infanzia, che dentro il
suo squallore già distingue il bene e il male.
Laggiù dove l’infanzia dolcemente
riposa nelle piccole aiuole di un parco
laggiù, in quella casa, qualcosa si è spezzato
quando su me è caduto il disprezzo:
laggiù, nei giardini o nei fiori
o sul seno materno, dove io sono nato
per piangere…
Alla luce di una candela m’addormento
forse per capire un giorno
che io ero una ben piccola cosa,
piccola come il coro dei 30.000,
come la loro vita che dorme
laggiù nei campi,
che dorme e si sveglierà,
aprirà gli occhi
e per non vedere troppo
si lascerà riprendere dal sonno…

Zanus Zachenburg 19/07/1929 – Auschwitz 18/12/1943

Viaggio apostolico di Papa Francesco

«Auschwitz grida il dolore di una sofferenza immane e invoca un futuro di rispetto, pace ed incontro tra i popoli», ha twittato Papa Francesco per la Giornata della Memoria 2015, e ora visiterà per la prima volta la «valle oscura della morte».

Papa Francesco il prossimo 29 luglio sarà ad Auschwitz e al campo di Birkenau. Lo ha ufficializzato il Vaticano, rendendo noto nel dettaglio il programma del viaggio del Papa in Polonia dal 27 al 31 luglio in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù. Bergoglio visiterà il campo di concentramento di Auschwitz il 29 alle 9.30.Quindi sarà a Birkenau. Nel corso della sua visita pastorale in Polonia, dunque, il Pontefice visiterà il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau nel quale persero la vita quasi un milione e mezzo di persone. La storica visita – che segue quelle di san Giovanni Paolo II il 7 giugno 1979 e Benedetto XVI, il 28 maggio 2006 – è inserita nel programma ufficiale del viaggio apostolico di Papa Francesco in Polonia che si terrà dal 27 al 31 luglio prossimi.

da: Il sole 24ore

Il programma della visita del Papa in Polonia su sito vaticano

Vorrei

Questo slideshow richiede JavaScript.

 

Dagli scritti di padre Luigi Faccenda, fondatore dell’Istituto delle Missionarie e dei Missionari dell’Immacolata padre Kolbe.

Vorrei portarti nel carcere di Pawiak e ad Auschwitz, nel campo di sterminio, il campo degli orrori e della morte. Vorrei che tu lo vedessi con quanta calma accetta i soprusi, le sevizie, le torture. Come sorride, quando viene bastonato e come incoraggia i suoi compagni di sventura parlando loro di Dio, di Maria, di amore e di perdono.

Sì, vorrei che tu lo vedessi, nella cella della fame, confortare quei condannati a morte, consolarli, confessarli, sorridere e baciarli.

Vorrei… Oh, come vorrei che tu vedessi il suo volto sorridente, mentre fissa, con quei suoi occhi celestiali, il feroce carnefice che gli inietta nel braccio il veleno che lo porta a ricevere dalla mano di Maria la corona rossa, la corona del martirio.

Vorrei  farti vedere il volto bagnato di lacrime di gioia: e sono giovani, donne, uomini e ragazzi che piangono di riconoscenza, perché da padre Kolbe hanno ottenuto la forza per vincere il peccato…

Vorrei ripeterti testimonianze a non finire di persone che, incontrando padre Kolbe, hanno incontrato la Madonna, hanno incontrato la salvezza.

 

 

Vivo grazie a Kolbe

Negli anni 80, Angela Esposito è stata testimone auricolare ad Assisi ad un convegno dei giovani a cui ha partecipato il padre di famiglia – Francesco Gajowniczek – salvato dal martire polacco.

Francesco ritornando a casa, a guerra finita, ha trovato la moglie, ma non i figli morti sotto il bombardamento. Si è disperato. Gli sembrava che lo scambio non avesse prodotti i frutti. Ha vissuto momenti dolorosi, bui, carichi di molta sofferenza e Francesco si teneva lontano dai frati.Poi  è uscito dal tunnel (penso di poter dire così) quando ha maturato questa riflessione: alla domanda “perchè sono ritornato?”, ha dato questa risposta:

“Ho avuto salva la vita perchè devo raccontare quanto accaduto” 

Franciszek Gajowniczek

Kolbe uscì dalle fila, rischiando di essere ucciso sull’istante, per chiedere al Lagerfhurer di sostituirmi. Non era immaginabile che la proposta fosse accettata, anzi molto più probabile che il prete fosse aggiunto ai dieci selezionati per morire insieme di fame e di sete. Invece no! Contro il regolamento, Kolbe mi salvò la vita”. Quel momento segnò la storia…

Quello che vado dicendo da quarant’anni è che io ho visto in faccia un uomo più forte della morte. I miei occhi si sono incontrati con i suoi. I suoi brillavano e io piangevo. Amico, bisogna provare per credere che lo stupore non è sufficiente a interpretare i fatti. Altra cosa certa: io sono vivo perché Padre Kolbe mi ha amato. Se non mi avesse amato, nemmeno Dio mi avrebbe scelto. Lei la chiama fortuna.Io ho capito, invece, che Qualcuno ha pensato a p. Kolbe, a me e alla mia famiglia…

Nessuna guerra ha insegnato a non fare la guerra. Maestri di pace sono coloro che preferiscono morire, piuttosto che far morire. Oggi come ieri”.
tratto da:http://www.vocazionefrancescana.org/2014/08/s-massimiliano-kolbe-un-uomo-per-un.html

Addio Elie Wiesel A-7713

Sighetu Marmației (Romania), 30 settembre 1928 – Boston, 2 luglio 2016

Un testimone, uno scrittore, un difensore della Memoria “ad ogni costo”, premio Nobel per la pace, ha voluto e saputo rompere in tanti momenti il silenzio e il negazionismo che avvolgeva la Shoah. Riposi in pace tra le braccia di quel Dio silenzioso, “pendente sulla forca” e “bruciato nel fuoco” dei forni crematori di Auschwitz. 
elie wiesel

“Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo.

Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto.

Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai” (La notte, 1ª ed. originale 1958).

* * * * * 

«Forse Dio ha versato più di due lacrime durante la tragedia del suo popolo. Ma gli uomini, insensibili come sono, hanno rifiutato di ascoltare il rumore di queste lacrime cadute sulla
terra»  (midrash ebraico).

* * * * *

 

 

 

La Rosa Bianca

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”Primo Levi

Emanuele Properzi ti insegna come si pubblicizza un libro

Il libro che vi proponiamo questo mese e che troverete tra le “letture consigliate è: La Rosa Bianca –  La resistenza al nazismo in nome della libertà di Paolo Ghezzi.

 

Recensione: Non solo al di fuori dei confini della Germania il nazismo è stato contestato e combattuto.Nonostante l’immagine di compattezza e forza del popolo tedesco che la propaganda nazista offriva a tutto il mondo, tante persone hanno opposto una resistenza a questa ideologia.La Rosa Bianca è il nome assunto da un gruppo di giovani universitari di Monaco di Baviera che costituirono un movimento di resistenza all’interno della Germania nazista. Il gruppo era composto da cinque studenti: Hans Scholl, sua sorella Sophie, Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf tutti poco più che ventenni. Ad essi si unirà il professore universitario Kurt Huber.Stamparono clandestinamente sei volantini il cui contenuto avrebbe dovuto risvegliare la coscienza del popolo tedesco. Scoperti da un bidello nazista, vennero arrestati dalla Gestapo, torturati e condannati a morte per decapitazione il 22 febbraio 1943 dopo un processo di poche ore.Sebbene di fatto appaiono come perdenti di fronte alla tirannia scatenata da Hitler, restano nella coscienza collettiva dei tedeschi e degli europei in generale, i veri vincitori dello scontro che avvenne in quegli anni.

Dal libro:

  • rosabiancaIl primo volantino viene distribuito, per posta, nella sola città di Monaco… e comincia in tono perentorio: – Per un popolo civile non vi è nulla di più vergognoso che lasciarsi governare da una cricca di capi privi di scrupoli e dominati da torbidi istinti… Ogni singolo, cosciente della propria responsabilità come membro della cultura cristiana occidentale, deve coscientemente difendersi con ogni sua forza, opporsi in quest’ultima ora al flagello dell’umanità, al fascismo e ad ogni sistema simile di Stato assoluto -…”.  (pag. 120-121)
  • La paura che suscita quel primo ciclostilato, come gli altri che lo seguono, è ben comprensibile se si pensa che era un attentato al ferreo monopolio della comunicazione scritta esercitato dal regime… non erano solo parole pronunciate in ‘stanze chiuse’, stavolta la sfida alla dittatura era incisa sulla carta, stava lì, nero su bianco, irrimediabile e inequivocabile, davanti agli occhi di chi leggeva…”. (pag. 122)
  • Il sesto e ultimo volantino è un’esplosione di indignazione: – Colleghe! Colleghi! Il giorno della resa dei conti è venuto… La Gioventù Hitleriana, le SA, le SS hanno cercato negli anni più formativi della nostra vita di renderci uniformi, di rivoluzionarci, di narcotizzarci… Per noi esiste una sola parola d’ordine: lotta contro il partito! A noi interessano una vera scienza e un’autentica libertà spirituale! Nessuna minaccia può spaventarci… Si tratta della lotta di ognuno di noi per il nostro futuro, per la nostra libertà e il nostro onore, in uno Stato che sia consapevole della responsabilità morale.- …”. (pag. 169)
  • I genitori di Hans Scholl riescono ad incontrare il figlio per l’ultima volta… Nella stanza dei colloqui Hans ha la faccia pallida e stanca, ma serena. Stringe le mani del papà, del fratello, della mamma e aggiunge solo: – Non ho nessun odio. Ho lasciato tutto dietro me.-.Il padre davanti al suo primogenito riesce solo a dirgli: – C’è ancora giustizia. Passerete alla storia”. (pag. 182)
  • La notte prima del processo, Sophie aveva fatto un sogno che racconta alla compagna di cella: – Era un giorno di sole e portavo un bambino al battesimo, avvolto in una lunga veste bianca. La strada per la chiesa diventava un ripido sentiero di montagna. Ma io camminavo sicura, tenendo fisso il bambino. Improvvisamente però mi si aprì davanti un crepaccio. Ma ebbi il tempo per posare il bambino in un posto sicuro prima di sprofondare nell’abisso. Ecco, il bambino è la nostra idea che si affermerà nonostante tutti gli ostacoli. Per questa idea abbiamo dovuto preparare una strada, ma anche morire”. (pag. 186)

 

Buona lettura!