Umanità perduta e ritrovata – 2°parte

Siamo stati condotti anche presso il cosiddetto “bunker della fame”, quello in cui morì san Massimiliano Kolbe il 14 agosto 1941, insieme ad altri nove prigionieri. Abbiamo potuto visionare l’interno solo da un’apertura nella porta d’ingresso: abbiamo visto il cero e i fiori posti in loro ricordo, e in quei pochi minuti in cui abbiamo potuto sostare, sono passate rapide dinanzi alla nostra mente le tappe della vita del santo, in particolare il momento della sua offerta, quando si staccò dalle file dei prigionieri per donare la sua vita al posto di quella di un padre di famiglia. Più volte a scuola avevamo parlato di padre Kolbe, avevamo riflettuto sul suo gesto, ci eravamo immaginati quella sua presenza paterna e generosa illuminare il buio di Auschwitz, e ora ci trovavamo proprio lì, laddove quel sacrificio si era consumato, e non in una data qualunque: era il giorno 14, era il suo anniversario.

Birkenau, con la sua sconfinata desolazione, è stato il luogo più difficile da attraversare, con il corpo e con la mente. Davanti a noi si apriva uno spazio enorme, dai contorni indefiniti, interamente coperto di neve, la cui continuità era interrotta solo da file di baracche e da un lungo binario che tagliava in due il campo, con la stessa inesorabilità con cui aveva infranto sogni e speranze di innumerevoli famiglie, portate lì con la promessa di chissà quale avvenire radioso.

All’interno delle baracche, le scene descritte dalla guida acquistavano una plasticità ed un realismo tali da far rabbrividire, stringere un nodo in gola e muovere nel cuore rabbia, tristezza, angoscia. In un crescendo di violenza che ci sembrava ormai di percepire anche sui nostri giovani corpi, si sono materializzati davanti a noi anche i resti dei forni crematori: l’ultima tappa di uno sterminio che prima ancora che fisico era psicologico.

Quando ci siamo trovati davanti alle lapidi poste in ricordo di tutte le vittime di quell’abominio, dopo aver deposto le corone di fiori, abbiamo deciso, solo scambiandoci un’occhiata, che quello era il momento di prestare la nostra voce a chi non poteva gridare più, il nostro volto a chi era stato privato della propria identità, la nostra vita a chi in quel luogo l’aveva persa.

Una nostra compagna ha cominciato ad intonare un canto che conoscevamo tutti bene: “Gam Gam”, ossia il quarto versetto del Salmo 23, in lingua ebraica. Senza indugio l’abbiamo seguita. Mentre le lacrime, che fino a quel momento non erano riuscite ad uscire, ci rigavano finalmente il volto, restituendoci quell’umanità che sembravamo aver perduto anche noi, la nostra bocca innalzava una preghiera di speranza: “Se dovessi camminare in una valle oscura, / non temerei alcun male, perché tu sei con me. / Il tuo bastone e il tuo vincastro / mi danno sicurezza”.

La tristezza aveva lasciato il posto alla gioia e alla soddisfazione del riscatto: la morte non aveva avuto l’ultima parola, perché il nostro cuore batteva per tutti gli uomini e le donne che ora si affidavano a noi per essere ricordati e rivivere ancora, stavolta PER SEMPRE.

Gli alunni della classe 3a  -A.I.C. “Rita Levi Montalcini”  

Un vescovo contro Hitler

Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. Primo Levi

Emanuele Properzi ti insegna come si pubblicizza un libro

La proposta di questo mese è: “Un vescovo contro Hitler” di Stefania Falasca (Ed. S.Paolo) che racconta la vita del Leone di Münster, il Vescovo Clemens August von Galen.

 

 

RecensioneC.A.von Galen nacque nel castello familiare di Dinklage presso Münster il 16 marzo 1878. Undicesimo di tredici figli, crebbe in una famiglia devotamente cattolica. Nel 1890 iniziò a frequentare il liceo dei Gesuiti a Feldkirch (Svizzera) e dopo la maturità entrò nel seminario di Münster, dove venne ordinato sacerdote il 28 maggio 1904. Nel 1925 conobbe Eugenio Pacelli – nunzio apostolico in Germania – con cui strinse un’amicizia che durò tutta la vita. Il 5 settembre 1933 von Galen fu nominato vescovo di Münster e si distinse per la sua opposizione alla teoria e alla prassi del regime nazionalsocialista. Egli denunciò le sistematiche violazioni del Reichskonkordat e la soppressione della stampa e delle associazioni cattoliche e protestò contro l’arruolamento degli studenti di teologia nelle SA (Sturmabteilung) di Ernst Rohm. Il 31 gennaio 1934 Pacelli inviò a Hitler un’ennesima Nota di protesta, che condannava l’opera del filosofo Rosenberg il quale, chiamato da Hitler alla direzione ideologica e spirituale del nazismo, aveva pubblicato il libro “Il Mito del XX secolo”. Anche von Galen contestò questa pubblicazione in una delle sue lettere pastorali del 19 marzo 1935. Questo gli procurò un violento attacco pubblico di Rosenberg e le attenzioni della Gestapo. Nel gennaio del 1937 partecipò ai lavori preparatori dell’enciclica “Mit brennender Sorge” (Con viva preoccupazione), che fu emanata il seguente 14 marzo e diffusa in tutta la Germania, nonostante il divieto del ministero del Reich. Il 2 marzo 1939 Eugenio Pacelli venne eletto al soglio pontificio, prendendo il nome di Pio XII. Von Galen, dopo essersi consultato con il Papa, pronunciò tre omelie dichiaratamente antinaziste: il 13 e il 20 luglio contro l’occupazione e la confisca di conventi e monasteri e l’espulsione violenta dei religiosi, che cessarono poi per ordine di Hitler il 30 luglio; il 3 agosto contro il programma segreto Aktion T4 per l’eliminazione di disabili psichici e fisici. L’8 giugno 1943 il New York Times dedicò un articolo a von Galen, definendolo “l’oppositore più ostinato del programma nazionalsocialista anticristiano”. Non solo: alla resa della Germania von Galen difese anche il suo popolo accusato di silenziosa accettazione della politica di Hitler e promosse una ricostruzione politica, sociale e spirituale della patria tedesca. Elevato al rango di cardinale il 21 febbraio 1946 da Papa Pio XII i giornali si riferirono alla sua persona chiamandolo “il Leone di Münster”.Morì il 22 marzo del 1946 per una peritonite. Papa Giovanni Paolo II lo dichiarò venerabile il 20 dicembre 2003, mentre il 9 ottobre 2005 Papa Benedetto XVI lo dichiarò Beato.

Dal libro:

– “Il cardinale von Galen ha resistito ad Hitler in maniera esemplare. Diceva:Foto Cover di Un vescovo contro Hitler. Von Galen, Pio XII e la resistenza al nazismo, Libro di Stefania Falasca, edito da San Paolo Edizioni «Lascia che batta, non ho paura. Io sono l’incudine, Hitler è il martello: si spacca prima il martello; non ho paura!»…Certo è che quando fu nominato vescovo di Münster il 5 settembre 1933, gli elmetti d’acciaio e le croci uncinate presenti alla cerimonia del suo insediamento non immaginavano ancora quanto filo da torcere questo presule d’imponente statura, di nobili origini e di radicati sentimenti patriottici avrebbe dato loro…” (pg. 29 – 30)

– “Dalla lettera pastorale del 28 ottobre 1933: «…Io so che devo dare istruzioni e ammonirvi ogni volta che ne abbiate bisogno, non soltanto per la vostra salvezza, ma anche per salvare la mia anima…Ma io mi rendo anche conto che questo richiede da me un anelito continuo di conoscenza, non soltanto dei principi della morale cristiana, ma anche delle situazioni contemporanee, delle correnti e dei pericoli contemporanei.»…” (pg. 32)

– “Il 9 settembre 1933 in occasione della commemorazione di S. Victor, soldato romano morto martire, von Galen tenne questo discorso: «…Come può la Chiesa venerare come santo il soldato Victor, un uomo il quale fu giustiziato per violazione del giuramento di fedeltà alla bandiera, per disubbidienza verso l’imperatore?…Il cristianesimo chiede ubbidienza, a Dio, ma anche ubbidienza agli uomini..Ma nel momento in cui l’autorità umana si pone chiaramente in conflitto con la volontà di Dio, distrugge la propria dignità, sta abusando del proprio potere…un’ubbidienza che asserva le anime è la più rozza schiavitù…è un attacco a Dio stesso.»…” (pg. 34 – 35)

– “In una lettera del 30 aprile 1943 Pio XII spiega la sua posizione: «Noi lasciamo ai pastori che operano sul posto la cura di valutare se e fino a che punto c’è il pericolo di rappresaglie e di pressioni, così come altre circostanze dovute alla durata e alla psicologia della guerra consiglino di usare riserbo, malgrado le ragioni di intervento…» Egli considerava che un suo intervento in tempo di guerra sarebbe potuto essere interpretato come una presa di posizione contro la Germania, con conseguenze negative per la Chiesa, già duramente perseguitata, e per il popolo tedesco…” (pg. 127- 128)

– “Dalla predica di von Galen del 3 agosto 1941: «Uomini e donne tedeschi!…Secondo informazioni a me giunte recentemente un gran numero di malati dovrà essere trasferito, come cosiddetti ‘connazionali improduttivi’ nel manicomio di Eichberg per essere poi subito premeditatamente uccisi. Perchè? Non perchè siano colpevoli di un crimine che meriti la morte, ma perchè secondo il giudizio di un ufficio, secondo il parere di una qualunque commissione son divenuti ‘indegni di vivere’…Hai tu, ho io il diritto alla vita soltanto finchè noi siamo produttivi, finchè siamo ritenuti produttivi da altri? Se si ammette questo principio, ora applicato, se si possono eliminare con la violenza esseri improduttivi, allora guai ai nostri bravi soldati, che tornano in patria gravemente mutilati, invalidi!…Guai agli uomini, guai al nostro popolo tedesco, se il sacro comandamento divino: ‘Non uccidere’ che Iddio ha impresso nella coscienza degli uomini, non soltanto sia trasgredito, ma se tale trasgressione sia perfino tollerata e impunemente messa in pratica»…” (pg.213-214)

 

 

Cristo o Hitler

Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. Primo Levi

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La proposta di lettura di questo mese è  “Cristo o Hitler”  Vita del beato Franz Jagerstatter” di Cesare G. Zucconi – Ed. S.Paolo

 

 

Recensione: Franz Jagerstatter nasce il 20 maggio 1907 a St. Radenung in Austria. L’ambiente dell’infanzia e giovinezza è rurale e cattolico, molto radicato nelle tradizioni. Diventato giovane, dimostra un carattere forte e vivace e alla fine degli anni 20 decide di prendersi un momento di stacco dalla sua terra in cerca di un po’ di indipendenza e va a lavorare in una miniera della Stiria dove entra in contatto con il mondo operaio. La sua fede è messa a dura prova, ma la lontananza dalle pratiche religiose gli fanno riscoprire il vero senso della pietà cristiana cheprima compiva quasi meccanicamente e ora avverte come una qualità necessaria per essere cristiani. Franz sente innanzitutto il bisogno di coltivarsi interiormente, di far crescere la sua amicizia con Dio. Più forte è il male che ci circonda, più forte deve essere la fiducia in Dio. Tornato al suo paese, il 9 aprile 1936 sposa Franziska Schwaninger anche lei contadina e con una profonda fede. Il legame con Franziska lo aiuterà a trovare una maggiore stabilità spirituale e insieme leggono quotidianamente la Bibbia. L’unione dei due sposi è benedetta dalla nascita di tre figlie alle quali Franz è legato da un profondo affetto e con sua moglie partecipa alla loro educazione cristiana. Con l’annessione dell’Austria alla Germania nel 1938, la situazione diventa difficile e pericolosa. Dopo aver partecipato “obbligatoriamente” all’addestramento militare, Franz cresce nella convinzione che non vuole “servire” la guerra di Hitler. Il 23 febbraio 1943 riceve la cartolina precetto di presentazione in caserma dove lui comunicherà il suo rifiuto all’arruolamento. La sua scelta non è condivisa da nessuno del suo villaggio, solo la moglie Franziska lo sosterrà e ne sono testimoni le lettere piene di affetto e fede che si scambiano durante la prigionia di Franz. Il 6 luglio è condannato a morte per renitenza alla leva e il 9 agosto 1943 viene ghigliottinato nel carcere di Brandeburgo. E’ stato proclamato beato il 26 ottobre 2007 presso la cattedrale di Linz.

Dal libro:Foto Cover di Cristo o Hitler? Vita del beato Franz Jäegerstäetter, Libro di Cesare G. Zucconi, edito da San Paolo Edizioni

“…Franz sa che la libertà del cristiano è innanzitutto nella sua interiorità, nella sua coscienza. Non si può mentire a se stessi e a Dio addossando ad altri le proprie responsabilità…La lettura dei giornali e di ‘veri libri cristiani’ è la bussola che può orientare un uomo anche attraverso le tempeste più difficili…Tra queste letture la Bibbia diventa sempre più importante per Franz…” (pg. 21; pg. 30)

“…I primi anni di matrimonio con Franziska trascorrono felici. Gli abitanti del villaggio lo vedono con stupore spingere il passeggino con la prima figlia Rosalia. Non era infatti usuale che un uomo si dedicasse a tali attività. Franz ha una spassionata tenerezza nei confronti della moglie delle figlie…”(pg. 55)

“..Fare la volontà di Dio: questa è la convinzione di Franz il quale sente la responsabilità di comunicare alle figlie la fede…Così scrive durante la detenzione: ‘Ma come può vincere le sue battaglie giovanili chi ha in se stesso il veleno della mancanza di fede?’ …E aggiunge, pensando in particolare ai tanti giovani che vanno dietro a Hitler, che chi non ha fede è facile preda del male ‘che trama con malizia e astuzia’…” (pg. 58 – 59)

“…La scelta di Franz non è condivisa da nessuno nel suo villaggio. Anche il parroco, i suoi amici preti, il vescovo cercano di convincerlo a desistere con l’intento di salvargli la vita. Franz è uno dei pochi in tutta la Ostmark a rifiutare di servire l’esercito di Hitler in nome della fede…Nella sua prima lettera dalla caserma di Enns è Franz che cerca di confortare la moglie…Franziska è sola, anch’essa circondata dalla incomprensione generale…” (pg. 172 – 173)

“…In uno dei suoi ultimi testi, considerato il suo testamento, afferma: ‘Scrivo con le mani legate, ma è meglio così che se fosse incatenata la volontà. Talvolta Dio ci mostra apertamente la sua forza che egli dona agli uomini che lo amano e non preferiscono la terra al cielo…La potenza di Dio è invincibile…Se ci si dedicasse con la stessa assiduità con cui si è tentato di salvarmi dalla morteterrena a mettere in guardia ciascun uomo contro il peccato mortale e perciò contro la morte eterna ci sarebbe già davvero il paradiso in terra…” (pg 188)

Capuozzo, accontenta questo ragazzo

Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. Primo Levi

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l libro che vi proponiamo questo mese e che troverete tra leletture consigliate è: Capuozzo, accontenta questo ragazzo di Angelo Picariello – la vita di Giovanni Palatucci

Recensione: Giovanni Palatucci nacque in Irpinia, a Montella (AV), il 31 maggio 1909 da Felice e Angelina Molinari. Dopo una formazione familiare fondata sui valori cristiani della vita, conseguì il diploma liceale a Benevento e successivamente, si laureò in Giurisprudenza a Torino. Superati gli esami da procuratore legale, nonostante il parere contrario del padre che lo avrebbe voluto avvocato nel luogo natio, frequentò a Roma il 14° corso per Vice Commissario di Pubblica Sicurezza. Il 15 novembre 1937 arrivò alla Questura di Fiume, dove gli fu affidata la direzione dell’Ufficio Stranieri con qualifica di Commissario. A seguito delle leggi razziali antisemitiche del 1938, lo videro impegnato nell’aiuto agli ebrei e a tutti coloro che, a causa dell’occupazione tedesca, si trovavano a transitare dal confine istriano verso luoghi più sicuri. A migliaia furono i perseguitati da lui soccorsi, con ogni stratagemma possibile; in particolare venivano orientati verso il campo di raccolta di Campagna (SA), dove era Vescovo lo zio, Mons. Giuseppe Maria Palatucci. La sua opera si fece ancor più intensa all’indomani dell’Armistizio (8 settembre 1943) con l’occupazione militare tedesca, quando Fiume venne annessa al Terzo Reich. In questo contesto di generale disfacimento politico, il giovane funzionario, divenne un punto di riferimento di umanità e salvezza per tutti i cittadini e particolarmente per i perseguitati politici e razziali. Circa seimila furono gli ebrei ed i perseguitati politici salvati in quegli anni. Malgrado i sospetti della polizia politica, Palatucci rimase al suo posto, esponendosi all’inevitabile arresto. Il 13 settembre 1944 fu arrestato dalla Gestapo e condotto al carcere di Trieste, dove venne condannato a morte; graziato, con la commutazione della pena, fu deportato il 22 settembre 1944 nel campo di sterminio di Dachau (Germania), con matricola 117826. Il 10 febbraio 1945 morì di stenti – da martire – a poche settimane dalla liberazione e fu sepolto in una fossa comune.

Dal libro:

  • “…L’infanzia di Giovanni fu caratterizzata dalle amorevoli attenzioni di genitori e parenti e da una formazione religiosa fatta di esempi, testimonianze concrete, non solo precetti da mandare a memoria. La preghiera scandiva le giornate e cementava l’unità familiare…” (pag.14).

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  • “…Insieme a Palatucci operavano quindi altre persone come lui caricate di compiti istituzionali e come lui capaci di privilegiare le ragioni della carità rispetto all’ottusa obbedienza alle disposizioni…” (pagg. 101 – 102).

 

  • “…In tanti l’avvertono del rischio. Palatucci capisce la drammaticità della situazione…crescono in lui timori sull’affidabilità di chi lo circonda. Ma non si arrende. Nè interrompe la sua attività di salvataggio, pur nella consapevolezza che il controllo tedesco è sempre più stringente…” (pag.223).
  • “Racconta un compagno di prigionia: ‘Con Palatucci eravamo diventati amici…ricordo che una volta parlando di sé si disse dispiaciuto per essere lì. A Fiume avevano ancora bisogno di lui e c’era ancora tanta gente da aiutare. Era abbattuto, ma non disperato. Eppure persino in quella condizione di prostrazione, il suo pensiero andava agli altri, a chi, venendo a mancare lui, aveva perso un sicuro punto di riferimento.’…” (pag. 264).
  • “… Ricorda l’ebrea Elsa Herskovitz Blasich: ‘Era un santo, non aveva paura, aiutava tutti ed era molto ben voluto…La disponibilità del commissario Palatucci era nota, ha dato tutto il possibile aiuto agli ebrei fiumani e in seguito anche a quelli jugoslavi riusciti a riparare in Italia, sfuggendo alla morte’…” (pag.107).

                                                                                                                                              Buona lettura!

 

La Rosa Bianca

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”Primo Levi

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Il libro che vi proponiamo questo mese e che troverete tra le “letture consigliate è: La Rosa Bianca –  La resistenza al nazismo in nome della libertà di Paolo Ghezzi.

 

Recensione: Non solo al di fuori dei confini della Germania il nazismo è stato contestato e combattuto.Nonostante l’immagine di compattezza e forza del popolo tedesco che la propaganda nazista offriva a tutto il mondo, tante persone hanno opposto una resistenza a questa ideologia.La Rosa Bianca è il nome assunto da un gruppo di giovani universitari di Monaco di Baviera che costituirono un movimento di resistenza all’interno della Germania nazista. Il gruppo era composto da cinque studenti: Hans Scholl, sua sorella Sophie, Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf tutti poco più che ventenni. Ad essi si unirà il professore universitario Kurt Huber.Stamparono clandestinamente sei volantini il cui contenuto avrebbe dovuto risvegliare la coscienza del popolo tedesco. Scoperti da un bidello nazista, vennero arrestati dalla Gestapo, torturati e condannati a morte per decapitazione il 22 febbraio 1943 dopo un processo di poche ore.Sebbene di fatto appaiono come perdenti di fronte alla tirannia scatenata da Hitler, restano nella coscienza collettiva dei tedeschi e degli europei in generale, i veri vincitori dello scontro che avvenne in quegli anni.

Dal libro:

  • rosabiancaIl primo volantino viene distribuito, per posta, nella sola città di Monaco… e comincia in tono perentorio: – Per un popolo civile non vi è nulla di più vergognoso che lasciarsi governare da una cricca di capi privi di scrupoli e dominati da torbidi istinti… Ogni singolo, cosciente della propria responsabilità come membro della cultura cristiana occidentale, deve coscientemente difendersi con ogni sua forza, opporsi in quest’ultima ora al flagello dell’umanità, al fascismo e ad ogni sistema simile di Stato assoluto -…”.  (pag. 120-121)
  • La paura che suscita quel primo ciclostilato, come gli altri che lo seguono, è ben comprensibile se si pensa che era un attentato al ferreo monopolio della comunicazione scritta esercitato dal regime… non erano solo parole pronunciate in ‘stanze chiuse’, stavolta la sfida alla dittatura era incisa sulla carta, stava lì, nero su bianco, irrimediabile e inequivocabile, davanti agli occhi di chi leggeva…”. (pag. 122)
  • Il sesto e ultimo volantino è un’esplosione di indignazione: – Colleghe! Colleghi! Il giorno della resa dei conti è venuto… La Gioventù Hitleriana, le SA, le SS hanno cercato negli anni più formativi della nostra vita di renderci uniformi, di rivoluzionarci, di narcotizzarci… Per noi esiste una sola parola d’ordine: lotta contro il partito! A noi interessano una vera scienza e un’autentica libertà spirituale! Nessuna minaccia può spaventarci… Si tratta della lotta di ognuno di noi per il nostro futuro, per la nostra libertà e il nostro onore, in uno Stato che sia consapevole della responsabilità morale.- …”. (pag. 169)
  • I genitori di Hans Scholl riescono ad incontrare il figlio per l’ultima volta… Nella stanza dei colloqui Hans ha la faccia pallida e stanca, ma serena. Stringe le mani del papà, del fratello, della mamma e aggiunge solo: – Non ho nessun odio. Ho lasciato tutto dietro me.-.Il padre davanti al suo primogenito riesce solo a dirgli: – C’è ancora giustizia. Passerete alla storia”. (pag. 182)
  • La notte prima del processo, Sophie aveva fatto un sogno che racconta alla compagna di cella: – Era un giorno di sole e portavo un bambino al battesimo, avvolto in una lunga veste bianca. La strada per la chiesa diventava un ripido sentiero di montagna. Ma io camminavo sicura, tenendo fisso il bambino. Improvvisamente però mi si aprì davanti un crepaccio. Ma ebbi il tempo per posare il bambino in un posto sicuro prima di sprofondare nell’abisso. Ecco, il bambino è la nostra idea che si affermerà nonostante tutti gli ostacoli. Per questa idea abbiamo dovuto preparare una strada, ma anche morire”. (pag. 186)

 

Buona lettura!

 

Il difensore dei deboli

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.”   Primo Levi

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Da questo mese arricchiamo il nostro blog proponendovi la lettura di un libro tra quelli che abbiamo inserito come “letture consigliate“…

Iniziamo con “il difensore dei deboli” un nuovissimo libro che racconta la straordinaria storia d’amore del Venerabile Teresio Olivelli (1916 – 1945), di Renzo Agasso – Domenico Agasso jr.

Recensione: Teresio Olivelli, cristiano, educatore, insegnante, militare. In questi e tanti altri “campi di battaglia” Teresio ha portato il Vangelo. Non fugge di fronte ai problemi o ai difficili avvenimenti che precedono la seconda Guerra Mondiale. Costretto prima – per scelta poi – entra nel movimento fascista solo per cercare di “lavorare” dentro a questa ideologia che vorrebbe “dichiararsi” cristiana, ma che propone ben altre cose. Teresio è saldo nella Fede e nei suoi principi cristiani e morali. Malvisto dentro al movimento fascista proprio per la sua coerenza al Vangelo, se ne allontana e continua la sua battaglia aderendo alle Fiamme Verdi, resistenza di impostazione cattolica che segue gli insegnamenti di Papa Pio XI. Uomo d’azione, ma soprattutto con un’intensa vita spirituale e di preghiera. Questo gli infonderà la forza nei momenti più duri degli ultimi periodi della sua esistenza.

Dal libro:9788821597343g_71971

  • “Mentre molti abbruttiscono nell’orrore del campo (il lager di Flossenburg), Teresio Olivelli indossa un’altra volta le sue armi, cioè il Vangelo, preghiera, carità. Promuove subito il rosario quotidiano, coinvolgendo sempre più compagni: la corona è un pezzo di corda con dei nodi. Guida le preghiere per i prigionieri morti…”. (pag.151)
  • “Si sarebbe potuto salvare. Conosceva il tedesco, avesse fatto soltanto l’interprete, lo avrebbero tenuto al loro servizio, con il cibo assicurato…. Avrebbe potuto, volendolo, condurre giorni comodi, solo se si fosse piegato come altri ad assecondare le SS e i capi blocco, eseguendo e facendo eseguire i loro ordini. Egli preferì sempre aiutare i compagni di prigionia, preferendo l’essere colpito che lasciar colpire”. (pag.153)
  • “Sa di andare incontro alla morte, come lo sapevano i primi cristiani perseguitati e uccisi di ogni tempo e di ogni luogo….Come il francescano polacco Maksymilian Maria Kolbe, che il 14 agosto 1941 si è fatto ammazzare al posto di un padre di famiglia nel più terribile dei lager: Auschwitz”. (pag.156)
  • “Il 17 gennaio 1945 il ventinovenne Teresio Olivelli muore con Cristo perchè gli altri possano vivere. Bastonato a sangue l’ennesima volta per aver soccorso un maltrattato, facendo scudo con il proprio corpo, finisce martire di carità in conseguenza di questa ultima letale percossa”. (pag. 163)
  • “…Era un santo! Ha dato la vita per noi! – Lo dicono subito i pochi superstiti dei campi di concentramento…”. (pag.167)

Buona lettura!