Rudolf Höss, primo comandante tedesco del campo di Auschwitz compì un unico atto di umanità.
Un giorno portarono ad Auschwitz «un’intera comunità di gesuiti» tranne il superiore e questo, disperato, volle raggiungere i suoi confratelli intrufolandosi nel campo di concentramento. Le guardie lo scoprirono e lo portarono da Höss, certi che il comandante avrebbe ordinato la sua esecuzione. Invece il sacerdote fu liberato, lasciando le guardie sconcertate.
Quando la guerra finì Höss fu arrestato e condannato a morte per crimini contro l’umanità. Ma l’ex comandante non era terrorizzato tanto dalla morte quanto dalla detenzione, convinto che le guardie polacche si sarebbero vendicate «torturandolo per tutto il tempo della prigionia e provocandogli una pena inimmaginabile». La sua sorpresa fu quindi enorme quando vide che «uomini le cui mogli, figlie e figli, uccisi ad Aushwitz, lo trattavano bene. Non riusciva a capacitarsene» chiese di potersi confessare. Le guardie provarono a cercare un sacerdote disponibile, ma «le ferite ancora molto vive» non resero facile trovare chi «volesse ascoltare la sua confessione». E infatti «non trovarono nessuno». L’ex comandante si ricordò improvvisamente di quel gesuita, padre Wladyslaw Lohn, che aveva risparmiato anni prima. Supplicò le guardie di cercarlo. Il gesuita, rintracciato proprio nel santuario della Divina misericordia di Cracovia, dove era diventato cappellano delle suore della Beata Vergine Maria della Misericordia, accettò di confessare Höss.
La confessione «durò e durò e durò, finché non gli diede l’assoluzione: “Ti sono perdonati i tuoi peccati. Rudolf Hoss, tu “l’animale”, i tuoi peccati ti sono perdonati. Vai in pace». Il giorno successivo, prima dell’esecuzione, il gesuita tornò per dare la Comunione al condannato…
dalla rivista tempi