per non dimenticare…
Una volta salito sul treno che mi avrebbe portato da Cracovia al Museo Nazionale di Oswiecim, già cominciai a respirare un’aria diversa, forse perché sapevo che visitare Auschwitz sarebbe stata per me un’esperienza che mi avrebbe segnato, che mi sarebbe rimasta dentro per sempre. E così è stato, ancora adesso riesco a vedere nella mia mente quei luoghi: l’ingresso del campo, i crematori, il Muro della Morte, i vari blocchi degli edifici, le stanze dove dormivano i detenuti… Sessant’anni fa la gente moriva in quel posto, io adesso ci sarei andato con la macchina fotografica… Non che fosse sbagliato, so benissimo che non si deve dimenticare ed anzi una foto aiuta a ricordare anche dopo tanti anni, però suscitava dentro di me un leggero malessere, giusto o non giusto che potesse essere.
Il treno avanzava lentamente, la scomodità dei sedili accentuava le scosse che esso provocava. Accanto a me un gruppetto di giovani ebrei, giunti probabilmente da Israele (almeno così si intuiva dai discorsi), smorzavano l’atmosfera con dei sorrisi forzati ed erano impazienti di arrivare a destinazione. Io provavo a mettermi nei loro panni ed a immaginare cosa essi potessero provare nell’andare a visitare quel posto dove tanti ebrei come loro furono trucidati dai nazisti: non credo di esserci riuscito, forse perché neppure io sapevo cosa provavo da italiano.
Comunque il viaggio giunse al capolinea e scesi alla stazione: il posto già lì era abbastanza triste; affacciatomi poi nel paese, la sensazione fu quella di un posto ormai segnato per sempre dalle atrocità che vi furono commesse (sebbene gli abitanti di Oswiecim non ebbero alcuna colpa dei crimini, anzi, cercarono di aiutare i detenuti per quello che potevano).
Il Museo era a pochissimi chilometri dalla stazione quindi in breve fui di fronte all’entrata. Sinceramente mi dava un pò fastidio già il fatto che la gente riuscisse a mangiare qualcosa lì, al bar-ristorante. Io credo che non ce l’avrei mai fatta ed infatti così fu, specialmente dopo aver visitato tutto l’ex campo di concentramento. E’ quasi impossibile descrivere le sensazioni che ti attraversano mentre sei nel Museo: sebbene fosse agosto, c’era un’atmosfera autunnale, gli edifici cupi e gli alberi altissimi non facevano che accentuare questa mia impressione. Tra le cose che mi colpirono di più ci fu un signore ebreo che davanti alla foto di Hitler (nella sala che narrava la seconda guerra mondiale attraverso immagini e didascalie) prese a inveire contro di lui e cominciò a piangere battendo i pugni contro la faccia del fuhrer. Fu una scena che mi colpì in modo particolare e che è ancora nitida nella mia mente.
Un’altra cosa era che, nonostante avessi con me la mia macchina fotografica, in alcune sale non avevo nemmeno il coraggio di fare delle foto, anche se ciò era consentito,poiché mi sembrava quasi di profanare quei posti… Come si poteva fotografare
l’interno dei forni crematori o delle camere a gas dove centinaia di migliaia di persone vi erano state condotte per andare a morire? Io proprio non ce la facevo. E le sale dove erano conservate le migliaia di valigie, scarpe, spazzole, tute carcerarie degli internati? No davvero.
Il mio consiglio è di andare a visitare questo Museo, è un’esperienza che porterete per sempre dentro di voi e che sicuramente ci preserverà dal dover fare ancora i conti con queste atrocità./Oswiecin2001.jpg)
Testimonianza di Michele, tratta dal sito www.battifolle.it