La testimonianza di Maria das Graças, Volontaria dell’Immacolata padre Kolbe brasiliana
La mia prima visita al campo di concentramento di Auschwitz con la guida e altre persone è stato molto bella ma ho sentito il bisogno di ritornare alla cella del padre Kolbe da sola. Desideravo stare lì, in silenzio e sentire più intensamente la sua presenza. Volevo ricordare il suo gesto, l’offerta totale, il suo sacrificio supremo, pensare alle sue ceneri che sparse nel campo di concentramento avevano trasformato quel posto di sofferenza e angustia in un luogo di pace e resurrezione. In quel momento, davanti alla sua cella, ho potuto conversare con lui, parlare della mia gioia di stare lì, sentendo la sua presenza. L’emozione è stata molto forte, sembrava che il mio cuore stesse per esplodere.
In quel momento ho pianto. Pianto e pregato. Ho pregato per tutte quelle persone che, in un modo o nell’altro, mi hanno aiutata a conoscere e amare questo santo che un giorno ha trasformato radicalmente la mia vita. In quei pochi minuti di fronte alla sua cella ho fatto memoria di tutto ciò che avevo ascoltato sul suo conto: la sua debolezza causata dalla malattia, in contrasto con la sua forza interiore che ha reso meno pesante la sua sofferenza e il dolore dei suoi compagni prigionieri nel campo di concentramento.
Ho ricordato il suo gesto d’amore, la “trasformazione” della cella della morte in un luogo di preghiere e canti, sentivo dentro di me come un fuoco. Nella mia camera, al rientro al Centro di Harmęże, ho pianto. Sono passata più volte di fronte al campo di concentramento di Auschwitz, nel pomeriggio c’era sempre un tramonto meraviglioso.
Ho pensato che migliaia di vite sono state sacrificate per risorgere alla vita, quella vera, dove non c’è più dolore. Ritorno in Brasile con questo fuoco d’amore che brucia nel cuore. Un fuoco che mi dà il coraggio di testimoniare a tutti che solo l’amore crea e salva l’uomo.
Maria das Graças Emidio Cera