Lucia rientrando dal suo viaggio in Polonia – dove ha incontrato nel centro di spiritualità polacco la missionaria Ercolina – ha raccolto questa intervista per noi.
Come hai conosciuto padre Kolbe? So che da giovane hai lavorato nella sede regionale della Milizia dell’Immacolata di Bologna, come ci sei arrivata?
Ho sentito parlare di Massimiliano Kolbe casualmente in TV, da un breve documentario sulla sua vita trasmesso in occasione della beatificazione, avvenuta il 17 ottobre 1971. Dal mio desiderio di appartenere ad un gruppo giovanile cattolico, sono entrata in contatto con la sede regionale della M.I. di Bologna. Ho avuto così la possibilità di conoscere più profondamente la storia, la vita, l’ideale di questo frate francescano polacco. Da subito mi ha colpito la sua capacità di donazione – essere dono gratuito senza alcuna condizione. Essere dono, è diventato in seguito un ideale di vita nella mia scelta vocazionale e sono entrata così a far parte dell’Istituto delle Missionarie dell’Immacolata padre Kolbe.
Sono rimasta colpita da una frase detta da Giorgio Bielecki, prigioniero ad Auschwitz nel parlare di Kolbe dice: “Quella fu una scossa che restituì l’ottimismo che ci rigenerò e ci diede forza; rimanemmo ammutoliti dal suo gesto, che divenne per noi una potentissima esplosione di luce capace di illuminare l’oscura notte del campo…”. So che tu hai conosciuto molti prigionieri, di qualcuno hai un ricordo particolare?
Sì, ho conosciuto vari ex prigionieri, mi sono avvicinata ad alcuni di questi testimoni che hanno vissuto all’interno del campo di concentramento di Auschwitz. In questo momento ricordo con ammirazione Zofia Pochorecka che già anziana ed ammalata viveva ad Oswiecim. Il suo sguardo era ricco di pace… quasi superiore alla grande sofferenza subita. Mi raccontava di quanto grande era l’umiliazione per le donne di trascorrere giorni e settimane senza le cose essenziali, come l’acqua per lavarsi. Zofia veniva da una famiglia ricca, dove non le mancava niente, la mancanza dell’acqua è stata molto dura, “sentirsi sempre sporca e con cattivo odore…” Ma il messaggio che ha toccato il mio cuore è stato quel suo sottolineare quanto sia importante la vera amicizia nei momenti difficili e di crisi. Zofia affermava che è riuscita a sopravvivere perché altre donne, anche loro prigioniere, le hanno dato amore, sostegno in quella terribile lotta interiore fra il bene e il male, la vita e la morte. L’amore comunitario, l’amore fraterno, l’amore disinteressato, gratuito è stato quel motore che ha vissuto anche san Massimiliano Kolbe facendolo esclamare, in varie circostanze “solo l’Amore è una forza creativa”, solo l’amore da vita.
Ora sei tornata nuovamente in questa terra così speciale, pensi che oggi valga ancora la pena visitare Auschwitz?
Credo proprio di si, vale la pena visitare Auschwitz. Soprattutto per riflettere, fare uno spazio di silenzio dentro noi stessi per vedere con altri occhi il mondo, i nostri pensieri, le nostre azioni, le scelte ed essere almeno più coscienti di quanto abbiamo bisogno di ricevere dagli altri e di quello che dobbiamo fare per gli altri.