danza per la vita

 

Az idős és a fiatal táncosnő barátian összeölelkezik, Kép: sajtóanyag

Éva Fahidi aveva 18 anni quando fu deportata con altre centinaia di migliaia di ebrei ungheresi nei campi di sterminio in Polonia.

Sopravvissuta ad Auschwitz, la novantenne signora sale sul palcoscenico e danza per la vita.

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Éva per tutta la vita ha cercato di evitare di parlare di ciò che aveva vissuto nel campo di sterminio, dove ha perduto i genitori, la sorella e 49 parenti. Fino a quando nel 2003 ha visitato Auschwitz, 59 anni dopo esservi stata liberata.

All’improvviso, l’urgenza di lasciare al mondo la sua testimonianza. «Prima che fosse troppo tardi» fermare il ricordo dell’ultima volta che vide sua madre e sua sorella sulla rampa di Birkenau. «Con un semplice gesto, Josef Mengele (il medico del campo, ndr) decideva della nostra vita e della nostra morte: a destra, il lavoro forzato; a sinistra, le camere a gas. Io fui separata dai miei e spinta a destra». Ma non è la vendetta a muovere questa anziana donna, alla quale è servito più di mezzo secolo per ritrovare il gusto per la vita. «Un giorno, mi sono resa conto che l’odio era un peso.

Ciò che era accaduto nel passato non poteva avvelenare il mio presente: io sono viva, e mi piace».

Ifjú és idősebb táncosnő egymással szemben terpeszülésben előadás közben, Kép: sajtóanyag

 

dal sito www.iodonna.it

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